sabato 15 dicembre 2007

Lezioni

La settimana prossima (dal 18 al 21) sono previste le sedute di laurea nell'aula Astra. http://www.sociologia.unina.it/didattica/index.html
La lezione di martedì 18 è pertanto sospesa.
La prossima lezione (sarà anche l'ultima prima delle vacanze) si terrà giovedì 20 alle ore 9 (aula ottagono).
Si riprenderà poi martedì 8 gennaio (13-15 aula Astra) e si proseguirà secondo il calendario previsto.

giovedì 13 dicembre 2007

prova intercorso

per tutti coloro (prenotati) che oggi non hanno potuto partecipare alla prova intercorso è fissata una data straordinaria domani (venerdì 14 dicembre) alle ore 14,30 aula T-3 (piano terra, Facoltà di Sociologia)

mercoledì 12 dicembre 2007

prova intercorso

ho appena aperto il blog e letto (in verità non tutti) i commenti. il problema che molti pongono è serio e quindi cercheremo di affrontarlo per il momento nell'unico modo possibile: il buonsenso

allora: innanzitutto ritardiamo di un'ora il tutto (ore 10.00 A-L; ore 11.30 M-Z).

inoltre: per tutti coloro che, pur essendo prenotati, non riusciranno ad arrivare in orario, prevederò una data "straordinaria" tra lunedì e martedì della prossima settimana (ora ed aula da definire in base alla disponibilità).

mi raccomando: foglio protocollo e libretto universitario

lunedì 10 dicembre 2007

prova intercorso

Vorrei innanzitutto ringraziare tutti coloro che in questo delicato periodo mi hanno espresso i loro sentimenti attraverso questo blog. Vi prego di credere che sono molto grato, sinceramente e sentitamente, a tutti voi.


Veniamo alla prova intercorso:
Diversamente da quanto previsto (vedi ultimo post) il programma della prova risulta un po' ridotto. I capitoli IV, V e VI de "Il foglio e lo schermo" non si porteranno alla prova intercorso. Gli autori dell'antologia restano invece quelli indicati.

Coloro che si sono prenotati sono pregati di presentarsi, MUNITI DI UN FOGLIO PROTOCOLLO E DI UN DOCUMENTO DI IDENTITA' (oppure, meglio, del libretto univesitario) il giorno 13 - aula ottagono, seguendo la suddivisione indicata:
matricole A-L ore 9.00;
matricole M-Z ore 10.30

Non sarà possibile consultare libri, fotocopie né appunti di alcun genere

domenica 2 dicembre 2007

Lezioni XII e XIII (a.a. 2007-08)

Le ultime lezioni sono state dedicate agli autori presentati nel terzo capitolo dell'antologia. Si tratta di Theodor W. Adorno, Max Horkheimer, Walter Benjamin e Edgar Morin. Per approfondimenti cfr. pp.79-113 (Bifulco-Vitiello).

Sono stati inoltre presentati i temi di fondo che caratterizzano il capitolo quarto, a partire da Guy Debord e "La società dello spettacolo".

Le prossime lezioni, prima della prova intercorso del giorno 13 dicembre, saranno dedicate alle seguenti tematiche:

Lezione XIV: Mar. 4 dicembre: Le trasformazioni della memoria nel passaggio dall'oralità alla scrittura (rif. capitoli IV-V-VI de "Il foglio e lo schermo", pp. 45-74);
Lezione XV: Gio. 6 dicembre: Alienazione, derealizzazione e iperrealtà; La società informazionale (rif. capitoli IV e V de "Sociologi della comunicazione", pp. 115-188)

Ricordo dunque gli autori presi in considerazione per la prova intercorso (rif. "Sociologi della Comunicazione"): Innis, McLuhan, Meyrowitz, Adorno, Horkheimer, Benjamin, Morin, Debord, Baudrillard, Castells, Lévy, Breton.

Per quanto riguarda "Il foglio e lo schermo", entro martedì 4 dicembre verrà completato l'approfondimento dei primi 6 capitoli (pp. 7-74).

Ricordo infine che il giorno martedì 11 dicembre NON ci sarà lezione

lunedì 26 novembre 2007

prova intercorso

- la prova intercorso si terrà il 13 dicembre alle ore 9 (aula ottagono)

- per poter sostenere la prova è necessario prenotarsi il giorno 27 oppure il giorno 29 novembre durante le lezioni (laddove il numero di prenotati dovesse essere superiore alla capienza dell'aula provvederò a comunicare una soluzione alternativa)

- alla prova intercorso possono partecipare tutti coloro che desiderano farlo. chi non supera la prova (oppure non si presenta, oppure decide di rifiutare il voto etc.) può presentarsi (o ripresentarsi) a sostenere la prova scritta in una delle sessioni d'esame regolarmente previste durante tutto l'anno accademico

la prova intercorso prevede due domande aperte riferite ai seguenti libri di testo: Bifulco-Vitiello (a cura di), Sociologi della Comunicazione; Cavicchia-Pecchinenda, Il foglio e lo schermo

consentitemi una parentesi: la prova intercorso è pensata per coloro che stanno (appunto!) seguendo le lezioni. I riferimenti da me riportati nel blog non costituiscono "materia a se stante", bensì materiale di supporto (o integrazione) per coloro che stanno seguendo il corso. Ciò premesso, chi volesse sostenere la prova senza aver seguito le lezioni potrà farlo benissimo studiando direttamente dai libri (purché si prenoti o si faccia prenotare da qualcuno il 27 0 il 29...): non è prevista alcuna discriminazione di nessun tipo. L'unico rischio può essere (come sta di fatto accadendo) una certa confusione sulla bibliografia. A scanso di equivoci ribadisco che i testi sono quelli appena ricordati! (per coloro che stanno seguendo le lezioni mi auguro non ci siano motivi di confusione)

- la prova intercorso può essere sostenuta indipendentemente dall'anno di iscrizione o dai crediti fino ad allora acquisiti! altra cosa è la possibilità di sostenere la prova orale a febbraio senza averne i prerequisiti (in tal caso ogni situazione dovrà essere valutata singolarmente, a seconda della posizione certificata dalla segreteria studenti)

domenica 25 novembre 2007

Lezioni X e XI (a.a. 2007-08)

In queste due lezioni è stato innanzitutto completato il discorso relativo alle tesi di Breton, con particolare riferimento al suo concetto di Homo Communicans.
Come già accennato, per Breton, le caratteristiche principali dell'uomo comunicante sono iscritte nel modello disciplinare della Cibernetica.
Attraverso tale idea ritroviamo innanzitutto una poderosa critica nei confronti di tutte quelle concezioni teoriche che postulano una qualunque interiorità dei fenomeni, in quanto si afferma che "tutto può essere spiegato in termini di relazioni", implicando quindi che tutto è posto all’esterno.

Ogni fenomeno, e ogni essere, può essere paragonato metaforicamente ad una cipolla, ovvero ad un insieme di esteriorità sovrapposte senza nucleo interiore, in quanto tutto ciò che è interno viene posto all’esterno; da ciò scaturisce anche la nuova concezione dell’Homo Communicans, un uomo ormai spogliato della sua interiorità, immerso nelle relazioni e negli scambi d’informazione con i suoi simili e con la struttura sociale.

Questa potrebbe essere anche una spiegazione del successo dei media, l’attaccamento dell’uomo alla Tv, o al computer: una nuova visione della realtà, anticipata dalla Cibernetica, ma di cui solo attualmente si sta prendendo coscienza; una ridefinizione dell’uomo e dei suoi rapporti con la realtà.

Inoltre Breton spiega le ragioni per le quali la comunicazione deve diventare un valore centrale, in particolare per il timore dell’anomia. Questo paradigma si sviluppa intorno ad un’asse che contrappone l’informazione all’entropia, partendo dalla constatazione che tutti i sistemi chiusi sono minacciati dall’entropia. Ora, l’esatto contrario dell’entropia è rappresentato dall’informazione vivente che circola e che rende “aperti” i sistemi. Se i canali informativi vengono mantenuti ampiamente aperti e comunicanti, se può essere effettuato il trasferimento delle decisioni politiche - come sosteneva Wiener - a vantaggio di macchine capaci di apprendere, allora ci saranno le condizioni per l’istituzione di una società migliore. Tuttavia, dietro questo paradigma che sembra ragionare per dicotomie, (informazione/comunicazione ed entropia), si presentano molte contraddizioni.

Uno dei primi effetti della trasposizione utopica delle nuove tecniche di comunicazione e dei media è un radicale spostamento del ruolo e della funzione dello strumento rispetto alla sua finalità: lo strumento non è più un mezzo ma diventa il fine. Si potrebbe, quindi, parlare di una sorta d’idolatria dello strumento: una versione contemporanea dell’adagio classico, la comunicazione non è più fatta per l’uomo, ma l’uomo è fatto per la comunicazione.

L’effetto perverso di una simile inversione, in cui il mezzo si trasforma in fine, risiede nel fatto che lo strumento non serve più a realizzare ciò per cui era stato ideato, ma finisce per funzionare solo per se stesso. È proprio quello che sta accadendo con l’universo dei media e il traffico delle comunicazioni: si pensa che i nuovi strumenti svolgano una funzione di mediazione; che siano concepiti per aiutare gli uomini a comunicare meglio, finendo per diventare la presunta risposta alla consapevolezza della separazione sociale, dell’allontanamento gli uni dagli altri, congiunta al desiderio di avvicinamento.

Breton, inoltre, sembra caratterizzare i complicati dispositivi mediatici con dei luoghi comuni sui media, in particolare sulla Tv.: pornografia del voler vedere tutto; distruzione della verità in sostituzione alle costruzioni dei possibili punti di vista; diffusione dell’ignoranza sotto forma di illusione del sapere massificato di luoghi comuni.
Diversi sono gli esempi attuali che ci mostrano con efficacia le conseguenze dell’estensione dell’impero dei media e di una concezione utopica del ruolo degli strumenti di mediazione. Il primo riguarda la confusione, ormai consolidata, tra informazione (nel senso di informazione sugli eventi) e conoscenza. Confusione che porta a rivendicare tutto in termini di informazione, svuotando la conoscenza della sua sostanza. Il secondo esempio, che ha conseguenze più ampie, è la crescente diffusione dell’idea secondo la quale i media istituzionalizzati e professionali sono una presenza assolutamente necessaria, e sono i soli e gli unici a detenere il monopolio della circolazione dei messaggi: divenuti il centro, mentre erano solo uno strumento.
Queste nuove forme, che per ora sono ad uno stato nascente, sono tanto più difficili da individuare in quanto si associano a una imponente dinamica collettiva. Altri effetti apparentemente contraddittori sono l’omogeneizzazione planetaria dei gusti, delle norme e dei comportamenti, la costruzione di uno spazio pubblico universale, e al tempo stesso, un ripiegamento dell’individuo su se stesso.

Secondo Breton attualmente l’utopia della comunicazione sembra imporsi come l’unico valore, l’unica utopia funzionante in grado di risolvere ogni problema, in quanto portatrice di trasparenza, consenso, ed equilibrio sociale. Essa sarebbe oggi il solo valore sul mercato delle idee che abbia un fondamento e una connotazione dominante e capace di ottenere una forte adesione. Questa trasformazione del tema della comunicazione in utopia mostra sino a che punto ci troviamo in un’era del “disincanto”, come molti pensano.
Le derive di questa utopia della comunicazione rinviano, come riflesso, ad uno dei temi essenziali del nostro tempo, l’esigenza di ricostruire la rappresentazione dell’uomo e della società; per mettere in moto questo processo non si potrà, secondo Breton, fare a meno di un granello di utopia, ma neppure, anzi tanto meno, di un forte senso critico.

Al di là dei riferimenti alle teorie di Breton, è stato notato come l'homo communicans presenti delle caratteristiche che per molti versi si distaccano notevolmente da quelle del cosiddetto homo legens già precedentemente incontrato. In particolare, le differenze principali riguardano il diverso livello di individualizzazione.

A questo punto si è reso dunque necessario tornare su tale concetto, riprendendo e approfondendo i temi presenti nel capitolo 3 del libro "Il foglio e lo schermo", pp. 31-44.
In particolare sono stati analizzati:

- la nascita del concetto di individuo nella cultura greca;
- il rapporto causale tra scrittura e individualizzazione (e le sue principali caratteristiche);
- alcuni esempi di culture orali scarsamente individualizzate (i Canachi studiati da Maurice Leenhardt);
- l'individualizzazione in chiave evolutiva.

venerdì 16 novembre 2007

Lezioni VIII e IX (a.a. 2007-08)

Prima di affrontare altri autori relativi all’antologia, sono stati introdotti i principali temi introduttivi al volume “Il foglio e lo schermo”.
In particolare, si è cominciato a discutere del tema di fondo che percorre il libro: le conseguenze sociali della nascita e del tramonto della scrittura, con particolare riferimento alle trasformazioni inerenti la memoria e l’identità.

Una prima serie di spunti significativi sono stati evidenziati a partire dall’analisi dell’opera (letteraria e cinematografica) “Fahrenheit 451” (di cui è consigliata la visione), così come viene presentata nel testo (pp. 7-11)
(Per ulteriori approfondimenti può essere utile anche un’occhiata alle riflessioni e ai commenti emersi a seguito della lezione (a.a. 2006-07) dello scorso 28 maggio presente su questo blog)

Le altre questioni discusse possono essere inoltre approfondite facendo riferimento ai capitoli I e II (pp. 13-17 e 19-30) del volume, che si raccomanda di studiare bene.

Per quanto riguarda gli autori dell’antologia, sono stati presi in considerazione, nel corso di queste due lezioni, Joshua Meyrowitz e Philippe Breton.

Dopo aver ripreso quelli che sono i riferimenti teorici (Mc Luhan e Goffman) di base utilizzati da Meyrowitz nel suo saggio (Oltre il senso del luogo), sono stati presentati i concetti principali ripresi dal suo lavoro:

- Struttura delle Situazioni Sociali
- Geografia Situazionale
- Sistema informativo (e capacità di “accesso alle informazioni”)
- I media e il rapporto tra scena e retroscena nell’interpretazione dei ruoli sociali

Per approfondimenti cfr. Bifulco-Vitiello, pp. 67-78


Breton (pp. 188-199 dell’antologia) è stato inserito a questo punto del programma in quanto ridiscute e ripropone, con opportune ed originali critiche, alcune questioni presenti negli approcci connessi al determinismo tecnologico.

Il suo principale saggio (L’Utopia della comunicazione) è fondato su di una semplice domanda: perché oggi si parla tanto, e in modo sempre connotato positivamente, di comunicazione? Quali sono stati i processi sociali e tecnologici che hanno condotto alla formazione di quella che viene definita “società della comunicazione”?

Nelle risposte a queste domande si evince che il solo determinismo tecnologico risulterebbe insufficiente a spiegare il fenomeno. Gli indicatori presi in considerazione dal ricercatore francese

La storia della comunicazione moderna fa risalire al secolo dei Lumi e successivamente al XIX secolo la nascita di una sensibilità molto forte per la comunicazione e per le speranze ad essa connesse. A quell’epoca si può anche far risalire l’idea secondo la quale lo sviluppo dei media e della libertà di comunicazione rappresentano le condizioni essenziali del progresso dell’intera società.
Più tardi però – anche se su quello stesso filone – si è sviluppata una corrente di pensiero di impostazione utopistica che ha fatto della comunicazione l’asse centrale della riorganizzazione della società.
Tuttavia è però necessario chiedersi – secondo Philippe Breton – in che modo la società della comunicazione ha sostituito quelle che l’hanno preceduta, quali sono stati i processi culturali e sociali che l’hanno accompagnata, quali i suoi effetti e, infine, in quali altri modi essa si potrà riciclare.

Numerosi indicatori fanno intravedere nessi sotterranei che possono mettere assieme le due guerre d’inizio secolo che hanno così profondamente scosso le coscienze collettive, e la formazione di una nuova utopia, che nasce proprio – è questa la sua tesi – come un serio tentativo di risposta al fallimento incombente della società dell’epoca. È proprio nell’inquieta prima metà del ventesimo secolo che infatti si genera l’idea della “società della comunicazione”. Più precisamente, gran parte dei paradigmi sulla comunicazione emergono a partire dagli anni ‘40, periodo che segna anche, e non è un caso, il definitivo precipitare del conflitto mondiale “nella barbarie” più assoluta.

Il progetto utopico – nato nel periodo più buio della storia europea e in reazione ad esso – viene individuato nella comunicazione, e quest’ultima viene presentata, con tutte le sue strabilianti tecnologie e i suoi nuovi strumenti, come un superiore rimedio a tutte le disfunzioni sociali. Un valore alternativo alla barbarie, al razzismo e all’esclusione.
Sembra oramai assodato che i mutamenti contemporanei avvenuti nella nostra società vengano messi in moto da questo progetto, e che la società della comunicazione sia per molti aspetti “un mito”.
Nel volume citato, Breton attua innanzitutto una ricognizione delle radici dell’ideologia della comunicazione che egli fa risalire ai lavori dei primi cibernetici, individuando in essi la formazione di tale idea, dei dispositivi e anche i suoi effetti perversi. Il ricercatore francese parte dal presupposto che la caratterizzazione comunicativa sia un valore-cornice della nostra epoca, anche se la situazione attuale non è del tutto nuova. D’altronde il comunicare e l’elaborare tecniche destinate a questo scopo, si presentano come una costante antropologica e come un quadro di pratiche fortemente connesso a contesti storici. Sembra anche banale doverlo ricordare, ma la comunicazione e le sue tecniche sono aspetti costitutivi dell’umanità e, per quanto primitivo fosse, l’uomo della preistoria, egli dedicava senza dubbio una buona parte delle sue energie non solo a comunicare, ma anche a “riflettere” su come far funzionare la comunicazione.

L’ipotesi secondo la quale la base stessa dell’umanità si trovi e si sviluppi proprio in quella forma di “riflessione” non è affatto priva di fondamenta, per quanto speculativa possa sembrare. Da questo punto di vista l’uomo è un essere comunicante, in parte strutturato da una sorta di pulsione ad esteriorizzarsi, ad “uscire da sé”, che lo anima. Proprio su questa costante antropologica si sarebbe strutturato il sistema sociale, ampliando sempre di più le possibilità umane e così trascendendo i limiti corporei.
Fondamenti della modernità simulano questo sistema iniziale, ovviamente perfezionato con alta tecnologia, ma i contenuti essenziali si fanno derivare però da quel crogiolo iniziale, da quella svolta cruciale del secolo di cui le due guerre mondiali sono l’espressione visibile. L’origine ed il successo della nuova “società della comunicazione” costituirebbero la reazione e la ridefinizione costitutiva della modernità. Originatosi nei tormenti di una lunga guerra mondiale e nei soprassalti di un drammatico degrado del legame sociale, il ricorso universale alla comunicazione si lega così a specifiche circostanze storiche, che gli conferiscono senso e portata sociale.

Secondo Breton tre grandi tappe ne segnano lo sviluppo, uno sviluppo che, a partire proprio da quegli anni, coinvolge tutta la società in una spirale nel contempo unificante e generalizzante.

La prima tappa va a collocarsi in seno alla nascita della Cibernetica, disciplina o per meglio dire insieme di discipline, esplicitamente votate alla ricerca delle leggi generali della comunicazione, sia che interessino fenomeni naturali, sia che riguardino le macchine, gli animali, gli uomini o le società. Loro obiettivo è la costruzione di un campo interdisciplinare che unifichi sotto lo stesso nome un insieme di fenomeni già noti, nei campi della neurofisiologia, della telefonia, della matematica, della fisica e dell’antropologia. Lo sviluppo della Cibernetica ha portato alla nascita della nuova nozione di comunicazione e a una reinterpretazione del campo disciplinare. Norbert Wiener, uno dei fondatori di questa rete iniziale, sottolinea con la sua esplicita volontà l’estensione della nozione di comunicazione al campo d’analisi e poi dell’azione politica e sociale.

Parallelamente, l’uso di questa nozione continuava a svilupparsi e ad arricchirsi, ad esempio con la teoria dell’informazione di Shannon, che diviene la seconda tappa fondamentale per l’epistemologia contemporanea, risolvendo i fenomeni in reti di relazioni.

Tuttavia l’immediato dopoguerra si pone come terza e decisiva fase, non intesa a livello lineare o cronologico, nella storia della comunicazione moderna, che si compie in un rapporto diretto con l’evoluzione della società occidentale, segnata in profondità dal secondo conflitto mondiale. Qui nasce un’esigenza di riscatto, determinata da una perdita di punti di riferimento e testimoniata da questa rovinosa condizione del dopoguerra dove: “tutto viene messo in discussione”.
È in quest’ottica che lo sviluppo dei mezzi di comunicazione appare come priorità; promuovendo nuove concezioni, in cui questo sviluppo figura come una necessità funzionale al sistema, fornendone un quadro di apertura globale.
Accanto alla crisi ideologica si pone, nello stesso tempo, l’esigenza di un valore che sia motore trainante per il mutamento di una società basata proprio sulla trasparenza comunicativa: “ormai nulla deve accadere in un angolo oscuro dell’umanità, così non esisterà più l’oscuro segreto nel quale è stato preparato il genocidio nazista”.

La comunicazione, trasparente ed immanente che soddisfa bisogni sociali, diventa un’ossessione che costituisce una risposta perfetta alla crisi del ventesimo secolo.
L’originalità di questo nuovo paradigma della comunicazione è testimoniata da un nuovo modo di fare scienza, da una nuova definizione dell’uomo, dall’introduzione di alcune nozioni che hanno alimentato le nuove teorie delle scienze della comunicazione.
Wiener, precursore di tale paradigma, critica dapprima il metodo funzionale delle scienze classiche, sostenendo che non è soddisfacente poiché si interroga esclusivamente sul contenuto dei fenomeni di cui la scienza si occupa sul versante interno degli oggetti: “Le relazioni che si interporranno tra i fenomeni contano più di ciò che essi sono”. Breton pone l’attenzione su questo presupposto, considerando le relazioni esistenti tra i fenomeni non come un aspetto tra gli altri, bensì come integralmente costitutive della modalità d’esistenza dei fenomeni stessi. Egli individua così la genesi di una tesi molto forte, specialmente dal punto di vista epistemologico, che reinterpreta la realtà in termini di informazione e comunicazione, proponendo una nuova visione del mondo globale e unificante, organizzata attorno al punto focale della comunicazione, tale da sfiorare tutte le discipline e contenente in germe la trasformazione della comunicazione in un valore di ampia portata sociale e politica.


La novità di questa nuova concezione non risiede nel fatto che vengono posti in scena Informazione e Comunicazione, quanto piuttosto nel fatto che lo scambio di informazioni e relazioni è integralmente costitutivo dei fenomeni sia naturali che artificiali.

Per Breton i lineamenti dell’uomo comunicante, le sue caratteristiche, la sua “natura” sono iscritti nel modello disciplinare della Cibernetica, “scienza dei comandi, unificati, dei controlli dell’uomo e delle macchine”.
Attraverso la comunicazione – “ogni organismo è la somma delle informazioni che può scambiare nelle reti in cui può entrare”. Là si colloca l’idea che: “nella nuova società tutto è comunicazione”, costituendo la base di un discorso che possiamo definire utopico e che approfondiremo nelle prossime lezioni.

giovedì 15 novembre 2007

Lezione VII (2007-08)

L’ultimo autore che prenderemo in considerazione per quanto riguarda il determinismo tecnologico è Régis Debray.

L’analisi delle teorie di questo autore verrà affrontata meno dettagliatamente rispetto agli altri due finora considerati. I concetti principali da studiare riguardano innanzitutto la MEDIOLOGIA e la MEDIASFERA
La mediologia è, come dice lo stesso autore nell’opera Course de médiologie générale [1991], :
«lo studio delle mediazioni attraverso le quali un’idea diviene forza materiale, mediazioni di cui i nostri media non sono che un prolungamento particolare, [...]».

Con il concetto di mediasfera (come abbiamo visto già nel caso di gli altri studiosi deterministi) Debray propone una periodizzazione della storia umana, divisa in tre grandi periodi (mediasfere, appunto) dove con tale termine si intende:
«l’applicazione, all’universo della trasmissione e dei trasporti, della nozione di “ambiente”».

Tali mediasfere non risultano essere mutuamente esclusive, ma interagiscono tra loro e si sovrappongono, esse sono caratterizzate dall’egemonia di alcune tecniche di trasmissione in diversi epoche.

Le tre mediasfere sono:
• Logosfera, periodo in cui domina essenzialmente la scrittura a mano, pur se è forte la fase dell’oralità;
• Grafosfera, periodo in cui domina la stampa che condurrà a forme di lettura privata, alla nascita di un soggetto razionale e al centro del mondo;
• Videosfera, periodo che vede l’avvento dei mezzi audiovisivi e in cui ogni aspetto della realtà viene inserito nell’ambito visivo.

A ciascuna mediasfera corrispondono visioni particolari di altri ambiti della vita.

Per ulteriori approfondimenti cfr. Bifulco-Vitiello, Sociologia della comunicazione, pp. 39-56

lunedì 29 ottobre 2007

Lezioni V e VI (a.a. 2007-08)

Queste due lezioni sono state dedicate prevalentemente all'analisi del Determinismo Tecnologico.
La presentazione riassuntiva che segue, relativa a due dei principali artefici del determinismo tecnologico, va approfondita ed integrata con la lettura dei brani antologici presenti nel volume consigliato per l'esame (L.Bifulco-G.Vitiello, Sociologi della Comunicazione, pp. 15-39).

Innis
Lo storico dell’economia Harold Innis, fondatore della Scuola di Toronto, è uno tra i primi studiosi che possiamo citare per comprendere a pieno il determinismo tecnologico.
Sul finire degli anni Trenta, durante i suoi studi sul commercio del legname e della cellulosa, Innis dedusse che senza la carta, e di conseguenza senza giornali, libri, ecc... , mai sarebbe potuta nascere l’economia contemporanea. Tra tutti gli staples, cioè i prodotti che hanno avuto un ruolo fondamentale nella storia dell’economia, la carta sembra essere per la società moderna il principale.

Partendo da questa considerazione Innis cominciò a dedicarsi allo studio di come, i vari supporti della comunicazione, avessero avuto un peso determinate nella nascita di diverse formi di organizzazione economica e politica.
Innis riteneva che le forme e i mezzi, caratteristici di varie epoche storiche, attraverso cui la conoscenza veniva diffusa, andavano a costituire la base delle relazioni sociali ed economiche tra gli individui.

Spazio e Tempo
Forme e mezzi di comunicazione, tendono ad agire sulle dimensioni dello spazio e del tempo, differenziandosi per una maggiore propensione per l’una o l’altra dimensione e determinando in questo modo la tipologia di Imperi che si sono succeduti nel tempo

Media che enfatizzano il tempo
solitamente costituiti da materiali pesanti e difficili da trasportare, quindi non permettono un’agevole circolazione delle informazioni favorendo l’accentramento del sapere così come del potere e di conseguenza i monopoli ecclesiastici.
Media che enfatizzano lo spazio
costituiti da materiali leggeri che permettono una rapida circolazione delle notizie su aree anche abbastanza estese, favoriscono la nascita di organizzazioni burocratiche.

L’Impero romano - ad esempio - essendo molto esteso, necessitava di un sistema di trasporto e di comunicazione efficace. Il potere, civile e profano, si fondò su un particolare medium leggero, il papiro, che garantiva una rapida circolazione delle informazioni e permise ai romani di avere un grande controllo degli spazi. Ma non riuscirono altrettanto bene a controllare il tempo, cosa che invece fecero i primi predicatori cristiani attraverso l’uso della pergamena, mezzo non solo più economico, ma anche più durevole. Tutto ciò incrinò il potere dell’impero romano...
(per approfondimenti, pp. 15-25)

McLuhan
Lo studioso canadese Marshall McLuhan ha elaborato, nel corso degli anni sessanta, quella che può essere senz’altro considerata la più famosa teoria generale sui media. L’importanza dei suoi lavori deriva probabilmente, più che dal rigore scientifico con cui propone le sue teorie, dal carattere suggestivo e provocatorio assunto dalle stesse. Più che di una vera e propria “filosofia” o “critica sociologica” dei media, la sua sembra infatti essere un’esplorazione sull’evoluzione degli strumenti tecnologici elaborati dagli uomini nel corso della storia, al fine di produrre comunicazione.
Le sue opere principali sono The Gutenberg Galaxy: the Making of Tipographic Man (1962) e Understanding Media: the Extension of Man (1964), entrambi tradotti in Italia. Si tratta di lavori che uniscono all’indubbia originalità un non certo minor grado di confusione, essendo composti seguendo uno stile che oggi potremmo definire “ipertestuale”, poco lineare e talvolta anche contraddittorio. Ciononostante, si tratta di saggi tra i più popolari della storia della sociologia della comunicazione.
Detto ciò, un tentativo di sistematizzazione delle idee di McLuhan potrebbe apparire un compito assai complesso. Resta però da aggiungere che gli obiettivi di fondo di tutta la sua opera possono essere sintetizzati in modo abbastanza agevole facendo riferimento ad alcuni nodi principali.

I – Il determinismo tecnologico
La posizione teorica generale di McLuhan può essere senz’altro definita come un determinismo tecnologico. Vale a dire che le grandi innovazioni tecnologiche verificatesi nel corso della storia dell’umanità avrebbero avuto, per questo autore, un ruolo primario e determinante nell’influenzare la vita degli uomini, ovvero l’organizzazione sia sociale che psicologica delle loro rispettive epoche.
Per spiegare tale tesi, McLuhan concentra i propri sforzi sull’enorme ruolo svolto dalle tecnologie della comunicazione nella storia dell’umanità, giungendo a sostenere che ogni mutamento sociale verificatosi finora in tale storia, sarebbe stato determinato da un cambiamento tecnologico nei “modi” di comunicare connessi alle tecnologie, più che nei “contenuti” della comunicazione stessa.

Schematizzando, si può dire che le innovazioni tecnologiche fondamentali considerate dallo studioso canadese sono:
1) l’invenzione dell’alfabeto fonetico, che ha dato inizio al predominio della vista, in contrapposizione al mondo prevalentemente auditivo e tattile proprio dell’epoca tribale;
2) l’introduzione della stampa, che ha accelerato il processo messo in moto in precedenza, fornendogli un carattere esplosivo;
3) l’invenzione del telegrafo, nel 1844, che ha dato il via all’epoca che ha condotto all’elettronica, restaurando il vecchio equilibrio sensoriale.
Si hanno così quattro epoche perfettamente definite:
a) tribalismo pre-alfabetico; b) periodo della scrittura (post-Omerico); c) l’età della stampa (dal 1500 al 1900 circa); d) l’era dei mezzi elettronici (iniziata con il Novecento).
Ogni epoca è determinata da una tecnologia che ne rappresenta il motore e ne configura la forma.
McLuhan, evitando esplicitamente di considerare buone o cattive le tecnologie, parte dall’idea che gli strumenti e le macchine presenti sulla terra sono solo estensioni delle estremità e dei sensi dell’uomo, ovvero, che una pala è un’estensione della mano, così come il telefono lo è dell’orecchio e la televisione lo è sia della vista che dell’orecchio. Ed è soprattutto attraverso questa strada che la tecnologia influisce sull’uomo e, in un certo senso, lo domina. È questo il motivo per cui egli sottolinea la necessità di conoscere il meglio possibile le tecnologie di cui disponiamo, piuttosto che criticarle o giudicarle.

II – L’equilibrio sensoriale
Non bisogna però perdere di vista l’idea mcluhaniana secondo cui gli effetti della tecnologia non investono soltanto concetti e opinioni, ma anche e soprattutto i modelli della percezione umana, modificando gli stessi organi di senso di cui gli uomini sono dotati.
L’uomo tribale, ovvero l’uomo prima dell’invenzione dell’alfabeto, era un essere che viveva in un mondo in cui tutti i sensi erano simultanei e in equilibrio reciproco, un mondo chiuso, con una cultura orale strutturata da un dominante senso auditivo della vita. Dato che il mezzo di comunicazione era la parola, la distribuzione della conoscenza tra una persona ed un’altra era simile. Azione e reazione erano simultanee, senza separazione. Lo spazio in cui si muovevano era essenzialmente acustico, senza centro né margini, molto meno analitico e lineare dello spazio visuale. Si trattava insomma di un mondo perfettamente adeguato ad una visione unificata, magica e iconografica della realtà.
In questo stesso spazio acustico si muovevano tuttavia gli ideogrammi e la scrittura egizia, i quali erano però più che altro disegni di realtà.
Come abbiamo già detto, l’estensione di un senso qualsiasi, altera il modo in cui percepiamo il mondo e, pertanto, il modo in cui pensiamo e agiamo. Così, quando cambiano gli strumenti, anche l’uomo cambia con essi. In tal modo, l’inizio della scrittura fonetica ha dato luogo ad una rottura dell’equilibrio tra i sensi della percezione esistenti nel mondo tribale, creando uno squilibrio che si compirà definitivamente soltanto con l’invenzione della stampa. Come sostiene McLuhan in Galassia Gutenberg, “l’alfabeto fonetico, attribuendo un significato astratto al suono e trasponendo i suoni ad un codice visivo, ha fatto sì che gli uomini si potessero vedere sottomessi ad un’esperienza che li andava trasformando”.
Nel mondo tribale i sensi del tatto, del gusto e dell’udito avevano un’importanza molto elevata, che venne frantumato dall’assimilazione dell’alfabeto fonetico. L’equilibrio sensoriale caratteristico della cultura tribale, si disgrega nel momento in cui comincia a predominare la vista. Lo spazio acustico della percezione simultanea di tutti i sensi, organico e integrale, si infrange per dar luogo ad uno spazio pittorico, razionale e uniforme. Per McLuhan, i nostri stessi “concetti occidentali relativi allo spazio e al tempo derivano dall’ambiente creato dalla scoperta della scrittura fonetica, così come tutta la nostra concezione della civiltà occidentale”.

III – Il mezzo è il messaggio
In nessun momento – afferma McLuhan – il contenuto di un messaggio assume un ruolo significativo nel processo comunicativo, esso ha sempre e comunque una funzione secondaria: “fissando la nostra attenzione sul contenuto e non sul mezzo, finiremo col perdere ogni opportunità di poter percepire ed influenzare l’impatto delle nuove tecnologie”. Nella nostra cultura tipografica, scissa, abituata a suddividere le cose come mezzo di controllo, può infastidire che ci venga ricordato che per ciò che concerne gli aspetti operativi e pratici il “medium è il messaggio”, eppure questo è esattamente ciò che intende l’A. Più precisamente, possiamo analizzare tale famosa frase mcluhaniana nel modo seguente:
- innanzitutto, “il mezzo è il messaggio” potrebbe suggerire l’idea che ogni medium crei un suo proprio pubblico, in cui il legame con il mezzo diviene molto più importante di ogni possibile interesse per i contenuti da esso trasmessi. Vale a dire che le persone consumano il proprio mezzo in modo primordiale: un individuo si immerge nel suo giornale o nella sua rivista, parla ore al telefono o consuma televisione, per il puro piacere di farlo;
- il messaggio del mezzo include tutta quella parte della cultura occidentale sulla quale il mezzo ha esercitato un’influenza. Ovvero, il messaggio contenuto nel mezzo non è solo una “tale notizia”, ma viene accompagnato da un aspetto normativo condiviso socialmente dalle persone appartenenti alla nostra stessa cultura.
- infine esso ci indica anche che lo stesso mezzo modella i limiti e le possibilità per la comunicazione del contenuto. Ciò significa che ogni mezzo possiede delle forme e delle potenzialità particolari. Ad esempio, la televisione può essere più adeguata rispetto alla stampa per informare a proposito di una gara di atletica, mentre la stampa sarà più adeguata per informarci su un dibattito politico. In ogni caso, per McLuhan la società è sempre stata strutturata più dalla natura dei media che da quella dell’informazione. Per questo “il mezzo è il messaggio”: il mezzo stesso, il modo in cui diffonde le sue informazioni e influenza la struttura mentale ed emotiva di colui che riceve, è più importante di qualunque messaggio cui possa servire da veicolo.
È possibile insomma affermare che ciò che viene scritto su un giornale è meno importante, da un punto di vista sociale, del fatto che sia stato stampato innumerevoli volte e che sarà letto simultaneamente da molte persone; l’uniformità, la ripetibilità e la simultaneità del mezzo sono molto più significativi del suo contenuto.

IV - Il villaggio globale
Abbiamo visto che la tappa finale del grande processo di sviluppo storico dei media sarebbe quello relativo all’era dell’elettronica, fortemente caratterizzata dalla cosiddetta ri-tribalizzazione. Questo è il senso da attribuire all’affermazione secondo la quale staremmo vivendo in un villaggio globale. La trasformazione del mondo in un villaggio globale significa innanzitutto che chiunque viva nel più remoto dei villaggi è in grado di condurre, grazie alla simultaneità e all’estensione dei mezzi elettronici, una vita così cosmopolita come quella che condurrebbe a Parigi o a New York. In un senso più profondo, tale concetto indica però anche che “le estensioni tecnologiche del nostro sistema nervoso centrale, indotte dall’elettronica, ci stanno sommergendo in una piscina mondiale di movimento di informazione, consentendo all’uomo di incorporare dentro di sé l’intera umanità”. Sembra logico che se la stampa – come fase estrema della cultura alfabetica – de-tribalizza l’uomo (elevando le caratteristiche visive alla loro più alta intensità e producendo così l’individualismo), allora la cultura promossa dalla tecnologia elettronica, al ristabilire l’equilibrio sensoriale, debba produrre un "nuovo tribalismo".
(per approfondimenti, pp. 26-39)

domenica 21 ottobre 2007

Lezioni III e IV (a.a. 2007-08)

L’esteriorizzazione può essere considerata una vera e prorpia necessità antropologica. L’uomo, da come lo conosciamo empiricamente, non può essere concepito prescindendo dall’incessante riversamento di se stesso dal mondo in cui si trova; non può venire inteso come un essere ripiegato su se stesso, chiuso in una qualche sfera d’interiorità, e che poi cominci a esprimersi nel mondo che lo circonda.
L’essere umano si esteriorizza nella sua essenza e fin dall’inizio. Questo fondamentale fatto antropologico ha le sue radici - secondo alcuni importanti studiosi - nella stessa costituzione biologica dell’uomo.

Per semplificare diciamo che, essendo biologicamente privo di un mondo fatto per sé, di un mondo-uomo, egli è costretto a costruirselo. Il risultato di tale costruzione è, naturalmente, ciò che chiamiamo cultura, il cui scopo fondamentale è quello di dare alla vita umana quelle solide strutture che biologicamente le mancano.
Quest’ipotesi di tipo culturologico è fondata su dati e teorie di tipo eminentemente “antropologico”. Una di queste – tra le più vecchie, ma anche tra le più affascinanti – fu formulata da un certo Ludwig Bolk.

Prima di esaminarla va preso in considerazione innanzitutto un dato di fatto: esiste nell’uomo una lentezza nello sviluppo motore, nella crescita, molto particolare e molto diversa rispetto agli altri animali.
Se, ad esempio, noi collochiamo all’età di 12 anni, età della pubertà, la prima sostanziale autonomia dell’essere umano, (questa d’altronde è l’età in cui nella maggior parte delle civiltà si collocano i riti d’iniziazione), e a 70 il tasso medio della vita umana, il rapporto: “inizio della età adulta” e “lunghezza della vita” è pari a 1/6. Ora non esistono specie animali in cui questo rapporto scende al disotto di 1/12, 1/10. Il che vuol dire che esiste un enorme differenza tra l’uomo e l’animale per svilupparsi sul piano motorio. Va detto inoltre che la lentezza dello sviluppo è nell’uomo molto più marcata nel corso del primo anno di vita.

Qui si inserisce la teoria di Bolk. Così in una conferenza si esprimeva questo studioso (era un professore di anatomia ad Amsterdam negli anni ‘20): “Se volessi esprimere in una frase un po’ lapidaria l’essenziale della mia teoria, presenterei l’uomo, dal punto di vista corporale, come un feto di primate geneticamente stabilizzato”.
Non esiste un mammifero con una crescita così lenta come quella dell’uomo; non esiste un mammifero che resti per così lungo tempo dipendente dai suoi genitori. Non esiste mammifero che dopo uno sviluppo così lento abbia una senescenza così lunga. Quale animale dopo la fine delle sue possibilità germinative può godere – dice Bolk – di una così lunga esistenza puramente somatica? Secondo quest’autore vi sono alcune caratteristiche morfologiche proprie all’uomo, come ad esempio l’assenza di pelo, la situazione centrale del Foramen magnum, il peso elevato del cervello, la persistenza della fontanella, la forma del bacino, l’orientamento ventrale dell’orifizio genitale femminile etc. che hanno tra di loro una proprietà comune.
Sono – dice Bolk – delle condizioni o stati fetali divenuti permanenti. in altre parole, delle proprietà strutturali che sono passeggere nel feto degli altri primati e che si sono stabilizzate nell’uomo. Per quest’immaginifico autore l’uomo è il prodotto di un ritardo fisiologico della crescenza e della maturazione. Quali le conseguenze di una tale teoria?

Da una parte – fisicamente – il volume della scatola cranica dovuto alla non-sutura della fontanella rende possibile lo sviluppo del cervello; dall’altra la nascita prematura e la lentezza della maturazione rende indispensabile la protezione degli adulti e giustifica così le complesse relazioni psicologiche che si sono create. Questo spiega inoltre il bisogno dell’uomo se vuole sopravvivere a costruirsi ed a compensare la sua carenza dominando la natura attraverso la creazione della cultura.
Quest’essere incompleto crea protesi per dominare un esterno che altrimenti non sarebbe in grado di dominare. Essere incompleto ed impotente modifica un ambiente che gli è completamente estraneo. Riempie mancanze, attualizza assenze. Se non l’avesse fatto sarebbe scomparso.

Possiamo ora capire più approfonditamente la definizione del concetto di "cultura" proposto in precedenza:
La cultura consiste nella totalità dei prodotti dell’uomo.
Alcuni di questi prodotti sono materiali, altri no. L’uomo produce attrezzi d’ogni genere tramite cui modifica il suo ambiente fisico e piega la natura al proprio volere. L’uomo produce anche il linguaggio e, sulla base e per mezzo di esso, un importante edificio di simboli che permeano ogni aspetto della sua vita. È in tal senso che - dal punto di vista che stiamo qui adottando - bisogna intendere ed analizzare la centralità dei processi comunicativi nell’ambito delle scienze sociali.

Per introdurre un esempio, tratto da una famosa citazione di Karl Popper, è possibile paragonare l’evoluzione del mondo della cultura, con quello del mondo animale, nel senso che, così come “l’evoluzione animale procede in larga misura attraverso l’emergenza di nuovi organi e della loro modificazione, così l’evoluzione della cultura umana procederebbe, in larga misura, attraverso lo sviluppo di nuovi organi al di fuori del corpo: eso-somaticamente o, extra-personalmente.
L’uomo, cioè, invece di sviluppare migliori occhi e migliori orecchie, produce occhiali, microscopi, telescopi, telefoni, cornette acustiche, etc... e invece di sviluppare gambe sempre più veloci, produce automobili sempre più rapide. E ancora – ed è questo un aspetto dell’evoluzione culturale che coinvolge in modo assolutamente centrale tutti i processi comunicativi di cui ci occuperemo – invece di sviluppare memorie e cervelli migliori, l’uomo produce carta, penne, macchine da scrivere, computer, libri e biblioteche.

Produce soprattutto linguaggio. Attraverso il linguaggio in effetti l’uomo detta un ordine all’esperienza. Il linguaggio “ordina” creando una differenziazione e una struttura nel flusso incessante dei fatti che l’esperienza ci propone. Un frammento dell’esperienza non appena viene nominato esce immediatamente da quel flusso e acquisisce una stabilità tipica della designazione. Ogni volta che l’uomo s’inventa e impone un linguaggio assicura un ordine di rapporti, afferma perentoriamente che questo è proprio questo e non quello.
Sul linguaggio si fonda tutto l’edificio cognitivo e normativo che noi definiamo conoscenza.

Sappiamo che ogni società impone un ordine comune d’interpretazione dell’esperienza, ordine che diventa conoscenza “oggettiva”. Fare parte di una società vuol dire condividerne la “conoscenza”.

Con il processo di oggettivazione, il mondo umanamente prodotto, la cultura, diventa qualcosa che sta al di là di noi, sta “al di fuori”. Esso consiste in “oggetti”, sia materiali che non materiali, capaci (Berger dice) di “resistere ai desideri dei loro produttori”. Il che, in poche parole vuol dire che una volta prodotto, questo mondo non può essere spazzato via da un semplice desiderio. Esso è là, nella sua incombenza, spesso nella sua opacità, sempre nella sua oggettività.

L’uomo costruisce un attrezzo e tramite tale azione arricchisce la totalità degli oggetti fisici presenti nel mondo. Una volta prodotto, però, l’attrezzo acquista una vita propria che non può facilmente venire cambiata da quanti lo usano. In realtà l’attrezzo, diciamo un utensile agricolo, può persino giungere a imporre la sua logica agli utenti, a volte in un modo che può anche non risultare loro particolarmente gradevole.
Per esempio, un aratro, per quanto ovviamente prodotto umano, è un oggetto esterno non solo nel senso che i suoi utenti, o i suoi produttori, possono anche cadervi sopra e farsi male – come potrebbero parimenti farsi male cadendo su un sasso o su un tronco o su qualsiasi altro oggetto materiale – ma anche nel senso, qui più importante, che può costringere i suoi utenti a riorganizzare l’attività agricola, e forse anche altri aspetti della loro vita, conformemente alla sua logica, né immaginata né prevista da coloro che in origine hanno inventato l’uso dell’attrezzo stesso.
Ad esempio un uso di un aratro più profondo, derivato da una tecnica più facile di aggiogamento dei buoi, modificò notevolmente l’agricoltura elevando considerevolmente la produttività agricola (consentendo l’alternanza dei terreni) e contemporaneamente il benessere generale. La medesima oggettività, comunque, caratterizza pure gli elementi non materiali della cultura. Pensate ad un’idea o ad una ideologia (cioè un insieme ideativo volto a indirizzare l’azione), a dei valori, ad una visione del mondo etc. etc.

Per ciò che concerne la comunicazione, è un dato di fatto che gli uomini inventano un linguaggio e poi scoprono che sia il loro parlare che il loro pensare vengono regolati, meglio costretti, dalla grammatica che essi stessi hanno prodotto (oggettivato). D’altronde il linguaggio è l’oggettivazione più importante che l’uomo abbia prodotto. I suoi fondamenti sono naturalmente nella capacità umana di vocalizzare, ma si può parlare di linguaggio solo se l’espressione vocale è capace di distacco. La vita in genere è tale perché io posso attraverso il linguaggio condividerla.

Fra parentesi va notato che gli esempi qui riportati riguardano (non a caso) la comunicazione. D’altronde la variazione dei modi della comunicazione è spesso più importante di quella dei modi di produzione. Cos’è poi, in effetti, la cultura se non una serie di atti di comunicazione?

Come ultima cosa diciamo che il mondo delle oggettivazioni sociali, prodotto dall’uomo nell’ambito del processo di esteriorizzazione, si pone di fronte all’uomo stesso come fattualità esterna e come tale viene dunque acquisito.

L’interiorizzazione è invece il processo mediante il quale il mondo oggettivato viene riassorbito nella coscienza dell’uomo, in modo tale che le strutture di questo mondo giungano a determinare le strutture soggettive della coscienza stessa.
La società, vale a dire, ora funziona come una sorta di agenzia formativa della coscienza individuale. Proprio in seguito all’interiorizzazione, l’individuo si appropria contemporaneamente di vari elementi del mondo oggettivato traducendoli in fenomeni interni alla sua coscienza (che cioè gli appartengono personalmente) e distinguendoli dai fenomeni della realtà esterna. In effetti ogni società che si prolunga nel tempo, o che ha la pretesa di, si trova a fronteggiare il problema della trasmissione da una generazione all’altra dei suoi significati oggettivati, della sua “conoscenza oggettivata”. Questo problema viene affrontato mediante i processi di socializzazione, vale a dire i processi tramite cui s’insegna a una nuova generazione a vivere in accordo con i programmi istituzionali della società.
O, detto in altro modo, la socializzazione è quando una generazione comunica alla generazione successiva i contenuti essenziali della cultura da essa prodotta. Questo è un tema importante in quanto ogni società (e ogni istituzione) che ha intenzione di prolungare la sua esistenza nel tempo si trova a dover affrontare il problema della trasmissione dei suoi significati (significati che essa ha prodotto e anche oggettivato). E lo fa fondamentalmente attraverso il processo della socializzazione, che vuol dire non solo far apprendere alla nuova generazione i significati della cultura, ma anche i ruoli e le identità. E questo avviene anche attraverso un processo di identificazione che permette al singolo abitante di questo universo di “modellarsi”, di costruirsi, attraverso questi significati.
Lo scopo ultimo della socializzazione è la costruzione di una simmetria (o corrispondenza) tra la cosiddetta realtà oggettiva (quella che è al di fuori di noi) e la realtà soggettiva (quella che percepiamo al nostro interno).
In poche parole la società, generalmente, pretende che i suoi significati siano uguali ai nostri significati (di qui l’importanza che la società attribuisce alla comunicazione e alla “condivisione del significato”).
Questa è una pretesa impossibile ad attuarsi (al meno nella sua forma più estrema) perché la socializzazione, per una serie di motivi, è sempre imperfetta. Va detto inoltre (dall’altro canto) che una socializzazione troppo parziale finisce per mettere in crisi la società stessa, in quanto, al limite, nessuno condividerebbe i significati (compresi quindi i valori) che la società s’è data.

Anche qui va sottolineato come emergano i problemi fondamentali della comunicazione: la trasmissione dei “messaggi” e la condivisione del significato. Nel momento in cui l’individuo interiorizza l’insieme dei significati che la società gli impone riesce a dare ordine soggettivo alla propria esperienza, dà un senso alla propria biografia. E cioè ordina gli elementi della sua passata esperienza e li integra nell’ordine societario. Il tempo acquista un senso: passato presente e futuro diventano quel continuum necessario per l’esistenza stessa dell’individuo.

In sostanza gli uomini sono costretti “antropologicamente” a costruire il senso della realtà (esteriorizzazione), a reificarlo (oggettivazione) e a riappropriarsene nel corso della socializzazione (interiorizzazione).

L’operazione di costruzione dell’ordine ha anche poi un’altra funzione: quella di difendere l’uomo dal terrore dell’esistenza. Questo terrore dell’esistenza è la perdita del significato.
La perdita di significato è il caos, che, come tale, deve essere tenuto a bada ad ogni costo. In poche parole vivere nel mondo sociale significa avere una esistenza normale e significativa, uscirne fuori, nel senso della impossibilità di condividerne i significati, costituisce una minaccia per l’individuo perché si perde l’orientamento dell’esperienza. Nei casi estremi – dice Berger – si perde il senso della realtà e dell’identità.
Quest’aspetto protettivo dell’ordine sociale è molto evidente nelle cosiddette situazioni marginali.

Queste sono quelle situazioni della vita che lo portano vicino ai confini dell’ordine che regola la sua vita quotidiana. Sono situazioni che si presentano spesso nei sogni, anche in quelli ad occhi aperti.

A volte queste fantasie si presentano come “dubbi” sulla consistenza della realtà che ci circonda, che diventa precaria, incerta. Questi dubbi possono coinvolgere gli strati profondi della coscienza (gli psichiatri li chiamano stati nevrotici o psicotici), allora costituiscono una minaccia per l’individuo che ne rimane terrorizzato. Ciò che viene messo in crisi – e che terrorizza – è l’ordine su cui tutta la sua esistenza si basava.
Queste situazioni possono essere chiamate “situazioni marginali” proprio perché stanno ai margini della realtà stabilita, la sfiorano o la coinvolgono profondamente. La situazione marginale per eccellenza è la morte. La morte infatti - come avremo modo di approfondire nel corso delle prossime lezioni - mette in crisi, insinua dei dubbi sulle precedenti definizioni della realtà. In effetti essa mina i presupposti dell’ordine stabilito. Allora ci si rende conto che ogni realtà a fianco possiede un’irrealtà che è terrorizzante.

Detto in termini diversi, quando questa realtà si presenta fa difetto la comunicazione. Berger la chiama conversazione e cioè la possibilità di rassicurazione che si ottiene attraverso la condivisione e vitalizzazione dei significati. In altri termini le situazioni marginali dell’esistenza umana mettono in luce la precarietà di quanto è stato costruito dall’uomo: vi è un’irrealtà possibile che minaccia ogni forma di realtà.
Dietro l’ordine vi è l’anomia, che vuol dire assenza di norme. D’altronde ogni ordine costruito è uno spazio di significatività “estratto” in un mucchio di non-senso. Ogni ordine costruito è un edificio contro le forze del caos. Ed è evidente che questo caos deve essere tenuto a bada. Il che vuol dire che ogni società sviluppa dei meccanismi di difesa atti a difendere la realtà costruita. Dei meccanismi cioè in grado di aiutare i suoi membri a restare orientati nella realtà e – nel caso fosse necessario – a tornare nella realtà (quella realtà così come ufficialmente è stata definita).
Uno dei meccanismi più efficaci è quello di fare accettare il mondo sociale come dato.

La socializzazione ha successo quando spinge ad accettare i significati chiave della società come inevitabili. Non basta cioè che l’individuo li consideri utili, giusti o desiderabili, è necessario che sia convinto che essi sono inevitabili, cioè immutabili.

Tutto quanto detto finora e gli argomenti che abbiamo introdotto devono essere intesi come un bagaglio concettuale, una “cassetta degli attrezzi” con i quali poter costruire una griglia di interpretazione sociologica dei fenomeni comunicativi che affronteremo nel corso delle prossime lezioni.

lunedì 15 ottobre 2007

Lezioni I e II (a.a. 2007-08)

In questa prima fase del corso presenterò alcuni concetti fondamentali. L’idea è quella di fornire gli attrezzi, gli strumenti di base per un approccio sociologico allo studio dei processi comunicativi.

I termini chiave del corso sono comunicazione e cultura. Prima però saranno necessarie alcune riflessioni sul concetto di società.

Diciamo innanzitutto che la società è un prodotto umano, nient’altro che un prodotto dell’attività umana. Essa non ha altra esistenza se non quella che le viene conferita dall’attività e dalla coscienza dell’uomo. Non esiste, né vi può essere nessuna realtà sociale che prescinda dalla presenza e dall’operosità dell’uomo, nonché dalla sua presa di coscienza su tale presenza e tale esercizio.
Tuttavia, nell’ambito della prospettiva dialettica che qui adotteremo, è possibile affermare anche esattamente il contrario: ovvero che l’uomo è un prodotto esclusivo della società. In effetti la società esisteva prima che l’individuo nascesse, esiste durante il corso della sua vita, ed esisterà dopo che egli sarà morto.
È proprio all’interno della società infatti, e proprio come risultato di complessi processi sociali, che l’individuo diventa tale, diventa cioè una persona che acquisisce e mantiene una propria identità, un individuo che si costruisce una “sua” vita.
In parole povere la società non può esistere senza l’uomo; e l’uomo non può esistere senza società; entrambe si co-producono reciprocamente, questo è il cuore di ciò che abbiamo chiamato processo dialettico e che è intrinseco ad ogni fenomeno sociale. Ed è solo riconoscendo tale carattere che la società può essere intesa nei termini che sono più consoni alla ricerca sociologica: la società come realtà empirica.

Ora, riprendendo alcuni studi, oramai divenuti classici della sociologia della conoscenza di derivazione fenomenologica, è possibile sostenere che tale processo dialettico (uomo-produttore/società-produttrice) consiste in tre momenti o gradi:

a) l’esteriorizzazione;
b) l’oggettivazione;
c) l’interiorizzazione.

Intendiamoci è solo se questi tre momenti vengono intesi congiuntamente che si può avere una visione empiricamente adeguata della società. La loro suddivisione è di carattere analitico e non va intesa in senso cronologico.

a) L’esteriorizzazione può essere definita come il processo attraverso il quale l’uomo – per alcune fondamentali necessità antropologiche – si riversa nel mondo circostante (lo modella), al fine di costruire una realtà adatta alla sua sopravvivenza. (Nel senso più ampio del termine). Tale processo si manifesta semplicemente attraverso l’attività degli uomini, un’attività che è sia fisica che mentale;

b) L’oggettivazione a sua volta, è il processo che sta ad indicare proprio la realizzazione di tale realtà, costruita tramite i prodotti dell’attività sia fisica che mentale. È importante sottolineare sin d’ora che, una volta realizzata, tale realtà oggettiva si pone davanti ai suoi originali produttori come un dato esterno, diverso , appunto, oggettivo;

c) L’interiorizzazione infine, consiste in quel processo di riappropriazione, da parte degli uomini, di quella realtà così costruita, la quale – proprio attraverso questo processo – viene ri-trasformata in una struttura della coscienza soggettiva.

Nelle prossime lezioni verranno presentate più nello specifico – e più approfonditamente – le caratteristiche di questi tre processi, prima di passare a collocare l’oggetto dei nostri interessi, i processi comunicativi, nell’ambito di una tale prospettiva culturologica.

ricevimento

il ricevimento previsto per giovedì 18 ottobre è spostato a lunedì 22 ottobre (ore 11-13)

mercoledì 10 ottobre 2007

cambio aula lezione

le lezioni del giovedì (ore 9-11) di comunicazione e processi culturali si terranno nell'aula ottagono (Università centrale, via Mezzocannone, Scalone Minerva ex-aula Fisica).

l'orario e le sedi delle lezioni sono pertanto le seguenti:
Martedì (ore 13-15) Aula Cinema Astra
Giovedì (ore 9-11) Aula Ottagono (ex Fisica)

venerdì 5 ottobre 2007

Programma 2007-08

COMUNICAZIONE E PROCESSI CULTURALI
I semestre (6 cfu)

VOLUMI CONSIGLIATI

Prima parte:
1) Antonio Cavicchia Scalamonti – Gianfranco Pecchinenda, Il foglio e lo schermo. Comunicazione e Processi Culturali, Ipermedium libri, Napoli 2007.
1) Luca Bifulco - Guido Vitiello, Sociologi della comunicazione. Antologia di studi sui media, Ipermedium libri, Napoli 2005.
Seconda parte:
3) Antonio Cavicchia Scalamonti, La morte. Quattro variazioni sul tema, Ipermedium libri, Napoli 2007.

4) Gianfranco Pecchinenda, Videogiochi e cultura della simulazione. La nascita dell’homo game, Laterza, Roma-Bari 2003.

PROVA FINALE:
La prova d’esame sarà scritta e orale (gli studenti che frequentano potranno sostenere la prova scritta durante il corso)


orario ricevimento 2007-08

a partire dal mese di ottobre, e per tutto il primo semestre, l'orario di ricevimento studenti sarà il giovedì dalle 11 alle 13. Ogni eventuale variazione sarà comunicata in questo spazio

inizio corso 2007-08

il corso di Comunicazione e Processi Culturali (6 cfu) avrà inizio martedì 9 ottobre alle ore 13 e proseguirà tutti i martedì (13-15) e giovedì (9-11) nell'aula - Cinema Astra (via Mezzocannone)

martedì 2 ottobre 2007

ricevimento

il prossimo ricevimento studenti si terrà mercoledì 3 ottobre dalle 10 alle 12

giovedì 27 settembre 2007

risultati prove scritte (settembre - II)

avviso: l'elenco è relativo soltanto a coloro che non hanno ancora sostenuto la prova orale

Becce Angelica Insufficiente
Caiazzo Antonia D
Caliendo Fiorinda C
Ceruti Lucia D
Cotugno Daniela B
De Luca Marianna B
De Matthaeis Filomena B
Di Capua Angiolina A
Di Maio Sara D
Gregorio Maria Angela C
Hauber Rita D
Liguori Filomena D
Maranta Angela C
Mariagina Diana C
Pepe Maria B. C
Pane Giovanni C
Ruggiero Agnese D
Ruotolo Grazia A

lunedì 24 settembre 2007

sabato 22 settembre 2007

appelli 25-26 settembre

chi (avendo già superato la prova scritta) desiderasse anticipare la prova orale di "comunicazione e processi culturali" al giorno 25 pomeriggio (ore 14,30), può prenotarsi inviando (entro il 24 settembre) una mail all'indirizzo gianfranco.pecchinenda@unina.it
(la lista dei prenotati verrà pubblicata su questo sito)

ricevimento

Il prossimo ricevimento si terrà giovedì 27 settembre (ore 15-17)

mercoledì 12 settembre 2007

risultati prove scritte (settembre - I)

Alfarano Carlo D
Aruta Rosa D
Barbaro Emanuela C
De Paola Ida C
Di Maio Sara D
Di Meo Giuseppe C
Di Peso Carmela C
Imparato Diana D
Russo Lucia B
Sergnese Anna C
Volante Vera B

giovedì 6 settembre 2007

appelli settembre

le date degli appelli di settembre sono le seguenti:

comunicazione e processi culturali
prova scritta: martedì 11 settembre ore 9 e martedì 25 settembre ore 9
prova orale: mercoledì 12 settembre ore 10 e mercoledì 26 settembre ore 10

immaginario collettivo
prova orale: martedì 11 settembre ore 11.30 e martedì 25 settembre ore 11.30

comunicazione e identità (laurea specialistica)
prova orale: martedì 11 settembre ore 11.30 e martedì 25 settembre ore 11.30

sociologia della conoscenza (vecchio ordinamento)
prova orale: mercoledì 12 settembre ore 10 e mercoledì 26 settembre ore 10

mercoledì 5 settembre 2007

ricevimento

il prossimo ricevimento si terrà martedì 18 settembre (ore 11-13)

martedì 28 agosto 2007

ricevimento

il prossimo ricevimento si terrà lunedì 3 settembre dalle 11 alle 13

lunedì 30 luglio 2007

ricevimento

martedì 31 luglio (ore 11-13) si terrà l'ultimo ricevimento prima della pausa estiva

risultati prove scritte (luglio 07)

Albanesi Angela C
Alfano Maria Gabriella B
Annecchino Carmen C
Aruta Rosa D
Avolio Ivan C
Barrella Federica B
Battaglia Fortuna B
Borriello Roberto N.C.
Campaniello Sabina Franc B
Carcasso Elsa B
Cataldo Silvia B
Cesarano Anna Irene C
Criscitiello Rachele B
D’Anna Roberta D
De Luca Alba N.C.
De Quattro Francesco B
Di Maio Sara D
Di Meo Giuseppe C
Imperatore Alessandro D
Lanuara Silvana A
Manesco Marianna N.C.
Manfredi Chiara A
Matrone Anna C
Miraglia Isabella B
Monaco Emanuela B
Napoletano Nicola C
Nave Vincenza A
Niola Simona D
Oliviero Marina D
Osella Carmen N.C.
Piccolo Filomena C
Quercia Alessia C
Romano Annamaria D
Sansone Cristina B
Scarpato Raffaella D
Scognamiglio Raffaella A
Severino Carmela C
Siepe Carmela A
Sodano Stefania B
Sodano Caterina B
Somma Rita N.C.
Stroscia Alessandra B
Tamburrino Michelangelo N.C.
Tonini Mena B
Torti Stefania A
Vacatello Ilaria B
Varriale Valentina C
Volante Vera C
Vitolo Manuel C

lunedì 23 luglio 2007

prove scritte luglio

scusatemi tutti per il ritardo!.
sto correggendo le prove da solo (e non sono poche!), in un momento non facile.
nel giro di qualche altro giorno pubblicherò i voti.

lunedì 9 luglio 2007

venerdì 29 giugno 2007

giovedì 28 giugno 2007

ricevimento

il prossimo ricevimento si terrà domani, venerdì 29 giugno (ore 11-13)

mercoledì 20 giugno 2007

esame luglio

il 18 luglio, alle ore 14,30, alcuni studenti che ne hanno fatto (o ne faranno) richiesta potranno anticipare la prova orale. in questo caso (e solo in questo caso!) è necessario inviare una mail di prenotazione al mio indirizzo (pecchine@unina.it) e attendere una risposta di conferma. potrò accettare infatti soltanto le prime 50 prenotazioni. chi non rientrerà tra i primi 50 dovrà presentarsi nella data prevista per l'orale (19 luglio) senza necessità di ulteriori prenotazioni o conferme.

risultano finora prenotati i seguenti studenti:

1) Cutolo Serena
2) De Martini Massimiliano
3) De Panno Giorgia
4)Varriale Marianna
5) Nicotra Laura
6) Paudice Piera
7) Sepe Luciana
8) Lucci luigi
9) Liguori Carmela
10) Erra Roberta
11) Martone Valentina
12) Paradiso Mariangela
13)Mattera Angela
14)Scuotto Anna
15) Russo Luigi
16) Costigliola Rosa
17) Stella Luana
18) Genovese Valerio
19) Mangiapia Enza
20) Sposato Raffaella
21) Camerlingo Maria
22) Punzo Giorgio
23) Tixon Daniela
24) Del Prete Angela
25) Capone Elvira
26) Gelminno Emilia
27)Casillo Maria Vittoria
28) Venezia D'Anna Giulia
29) Liccardo Giusi
30) Libertino Matilde
31) Granese Eleonora
32)Miralto Ornella
33) Russolillo Maria
34) Saviano Maria

esame (sessione estiva)

risultati prove scritte del 18 giugno
(i risultati di coloro che hanno superato la prova orale il 19 giugno non sono riportati)

Adam Meredith B
Armonia Giuseppina B
Bifulco Teresa C
Campetiello Nicoletta B
Cappiello Valentina A
Caramiello Sabrina B
Caropreso Annunziata B
Genovese Valerio C
Mangiapia Enza C
Palomba Rosario Diego C
Pellecchia Patrizia B
Posillipo Nunzia A
Russo Daniela C
Sarnataro Ada A
Viesti Carmela B
Vincenti Annunziata B
Vitale Lucia C

*ripeto: coloro che hanno superato la prova scritta possono presentarsi all'orale in una qualunque delle sessioni d'esame (entro il mese di marzo 2008) senza bisogno di ulteriori prenotazioni

sabato 9 giugno 2007

ultime lezioni (XXI-XXIV)

- Nelle ultime lezioni sono stati presentati i riferimenti teorici principali relativi al volume Videogiochi e Cultura della Simulazione.

- Tali paradigmi sono essenzialmente due:
a) il determinismo tecnologico di matrice mcluhaniana
b) l'ipotesi di Norbert Elias su Coinvolgimento e Distacco
(uno dei punti di contatto più suggestivi relativo a tali teorie riguarda il ri-coinvolgimento tecnologico e la ri-tribalizzazione...).

- va inoltre tenuto presente l'emergere della cosiddetta "cultura della simulazione" (legata ai processi di informatizzazione e digitalizzazione nell'ambito della comunicazione)

- si consiglia di studiare i temi trattati nella prima parte del volume mettendoli in relazione con quelli già affrontati durante l'analisi degli altri testi (con riferimento, in particolare, al tempo e all'individualizzazione)

- nella seconda parte va posta particolare attenzione all'analisi del rapporto gioco-cultura-tecnologia (Huizinga, Ortega y Gasset, Eco e - soprattutto - Turkle) e alla tesi del "Reincanto Tecnologico" del mondo, da studiare in rapporto alla teoria weberiana del "Disincanto".

- L'ultimo capitolo - sull' Homo Game - va considerato come una lettura da cui trarre stimoli per una eventuale discussione critica sul rapporto tra nuove tecnologie e trasformazioni nella costruzione sociale dell'identità nella cultura contemporanea

venerdì 8 giugno 2007

esame (sessione estiva)

ripeto alcuni chiarimenti relativi alle prove d'esame.

- coloro che hanno superato la prova scritta possono presentarsi (SENZA PRENOTAZIONE) direttamente alla prova orale nei giorni indicati (per la sessione estiva 19 giugno e 19 luglio);

- la prova scritta ha validità fino alla fine dell'anno accademico (è pertanto possibile sostenere lo scritto in una sessione e l'orale in un'altra, purché entro marzo 2008);

- i giorni 18 giugno e 18 luglio, alle ore 14,30, alcuni studenti che ne hanno fatto (o ne faranno) richiesta potranno anticipare la prova orale. in questo caso (e solo in questo caso!) è necessario inviare una mail di prenotazione al mio indirizzo (pecchine@unina.it) e attendere una risposta di conferma. potrò accettare infatti soltanto le prime 50 prenotazioni per ogni data. chi non rientrerà tra i primi 50 dovrà presentarsi nella data prevista (19 giugno o 19 luglio).

per il 18 giugno risultano finora prenotati i seguenti studenti:
1 Aprea Rosario
2 D'Alessio Anna
3 Rinaldi Angela
4 Galante Valentina
5 Barra Antonietta
6 Di Luccio Nicolò
7 Spampinato Mariangela
8 Felaco Cristiano
9 Pinto Caterina
10 Esposito Marco
11 Schiavo Adriana
12 Amore Federica
13 Vezzuto Diego
14 Esposito Sabrina
15 Russo Daniela
16 Tarantino Maria A.
17 Vitale Franco
18 Albano Marianna
19 De Martini Massimiliano
20 Mennella Giuseppe
21 Viesti Carmela
22 Pezzillo Valeria
23 Palomba Michela
24 Alfieri Dania
25 Romano Marialaura
26 Borlacchielli Marialuana
27 Verde Mara
28 Russo Paolo
29 De Gregorio Daniele
30 Capobianco Mario
31 D'Orio Angela
32 Zamagni Simona
33 Marano Serena
34 Sgambati Rossella
35 Tizzano Graziella
36 Di Rienzo maria Teresa
37 Covone Antonietta
38 D'Angelo Pasquale
39 Borrelli Elena Rosaria
40 Di Leo Stefania
41 Chiarolanza Rossana
42 Bianco Christian
43 Salvetti Alessia
44 Testa Assunta

giovedì 7 giugno 2007

avviso

il ricevimento previsto per il prossimo Martedì 12 giugno è spostato a Giovedì 14 giugno (0re 11-13)

lunedì 28 maggio 2007

Fahrenheit 451

L'ultima lezione è stata dedicata alla visione del film Fahrenheit 451 di F. Truffaut. Come molti degli studenti hanno ben compreso (almeno questo si evince dalle domande e dalle mail ricevute) si tratta di un testo particolarmente congeniale all'approfondimento degli argomenti trattati finora durante il corso e che ci apprestiamo a riprendere e sviluppare nelle prossime lezioni conclusive.

Oltre a consigliarne la visione (ed eventualmente anche la lettura del romanzo da cui è tratto) a tutti, propongo qui di seguito una serie di riflessioni sull'argomento scritte per un saggio pubblicato alcuni anni fa.

(Potrebbe essere inoltre questa una buona occasione per affrontare ed approfondire (attraverso qualche commento sul blog) alcune delle discussioni emerse durante e dopo la proiezione del film... )

Un romanzo – Fahrenheit 451 – di Ray Bradbury, del 1953, e la sua celebre trasposizione cinematografica, realizzata nel 1966 da François Truffaut, vanno considerati, come spesso accade con le opere di alto valore artistico, strumenti molto efficaci per introdurre il tema seguente: le conseguenze sociali della nascita e del tramonto della scrittura, con particolare riferimento alle trasformazioni inerenti la memoria e l’identità.
Pur senza sottovalutare l’importanza dell’opera di Bradbury, a cui pure faremo riferimento, ci occuperemo principalmente di analizzare lo straordinario adattamento del romanzo realizzato da quel geniale regista che è stato François Truffaut, che riteniamo più utile al fine di evidenziare le caratteristiche specifiche che intendiamo esaminare.
Il film comincia presentandoci il protagonista – Montag – mentre su un’automobile rossa si dirige a gran velocità verso una casa da cui un uomo, dopo una telefonata che lo avvisava dell’arrivo dei pompieri, sta scappando.
Montag, dunque, è un pompiere. Un pompiere, però, il cui compito è esattamente opposto a quello cui sempre è stato destinato. Egli infatti, curiosamente, non è addestrato a spegnere il fuoco, bensì ad attizzarlo. Nella società in cui egli vive è proibito leggere, per cui la missione specifica del corpo militare cui appartiene, è quello di bruciare tutti i libri esistenti e con essi il passato ivi racchiuso. La loro divisa è nera e richiama le uniformi naziste corrette da un berretto alla Lenin. L’atmosfera è quella di 1984. Il regime che governa è evidentemente un regime totalitario.
In queste prime scene assistiamo alla perquisizione della casa di un “sovversivo” (un proprietario e “lettore” di libri) e al rogo dei volumi che sono stati scoperti. Dopo, mentre i pompieri vanno via, il capitano, che durante le operazioni era rimasto ad attenderlo nella vettura, confida a Montag di essere molto contento del suo lavoro e di volerlo candidare per una promozione. Il protagonista è dunque un uomo in carriera, egli è una persona che, almeno apparentemente, è perfettamente integrata nella società cui appartiene.
Il film ci mostra poi Montag all’interno di una sorta di treno rialzato (elemento che serve al regista francese per sottolineare l’elevato livello tecnologico della società), circondato da altri passeggeri, tutti avvolti in una silenziosa atmosfera da sogno, sullo sfondo di una dolce melodia. Lì, Montag incontra per la prima volta Clarisse, una ragazza che gli si avvicina con grande spontaneità, per parlargli.
Clarisse è un persona assolutamente singolare rispetto al resto dei passeggeri (e del resto della società), completamente diversa da tutti gli altri. Il suo personaggio, risulta centrale sia nel libro che nel lavoro del regista francese. Essa viene descritta come una ragazza a cui piace parlare con la gente, passeggiare sotto la pioggia, andare per i boschi assaporando i profumi e i sapori della natura. Un tipo sempre molto solare, pieno di vita, estremamente curiosa di ciò che la circonda, aperta al mondo. Tutte cose che – a suo dire – gli altri non fanno perché troppo intenti a guardare la televisione, chiusi in se stessi e ben attenti ad evitare qualunque contatto con l’esterno.
Scesi dal treno, Montag dice a Clarisse di ricordarle molto la moglie. Di fatto i due personaggi sono interpretati dalla stessa attrice (Julie Christie), forse per evidenziare il netto e significativo contrasto tra le due donne: la prima, come detto, aperta al mondo, al suo passato, agli altri, alla natura; l’altra eccessivamente chiusa in se stessa, nella sua casa, tra i suoi megaschermi televisivi, apatica e soprattutto senza alcun passato significativo da ricordare.
Le scene successive sono ambientate in casa di Montag: un ambiente freddo e asettico, il cui silenzio è rotto solo dai rumori provenienti dall’enorme televisione a parete, …costantemente acceso. La moglie – Linda – giace distesa sul letto, immobile, a guardare la televisione, …isolata da tutto e da tutti. Apparentemente, il suo unico passatempo, consiste nel recitare (in una sorta di televisione interattiva) in un programma titolato significativamente “La Grande Famiglia”. Si tratta di una specie di commedia televisiva assai banale: due uomini hanno invitato amici a casa e devono decidere la collocazione degli ospiti di fronte allo schermo, e chiedono consigli a Linda, questa deve rispondere; ma le sue risposte non hanno importanza perché i dialoghi sono già stati programmati (alla prima battuta, Linda, distratta, non sa come rispondere, ma la commedia va avanti lo stesso, mostrando tutta l’illusorietà del processo di interattività promesso). Ciò che comunque tali scene rendono evidente è il fatto che l’unico momento in cui Linda si sente veramente viva e partecipe, è quando giunge l’ora di recitare tra i membri (virtuali) della “Grande Famiglia”. Sono momenti autoreferenziali del film in cui il regista rende l’effetto di realtà del mezzo televisivo proponendoci primi piani dello schermo a muro e fornendo così la sensazione di stare assistendo a un film nel film, non lasciandoci distinguere con sufficiente chiarezza se ciò che stiamo vedendo sia la storia narrata nel film o ciò che la televisione descritta nel film mostra.
Linda è una persona interiormente morta, vuota, estraniata dal mondo e dagli altri, compreso suo marito. L’importanza di questo personaggio risiede proprio nel fatto che lei rappresenta gli abitanti di questo mondo con tutta l’apatia che li caratterizza. Dal canto suo, Clarisse, di cui il protagonista finirà inevitabilmente per innamorarsi e che a un certo punto del film diventerà una fuggiasca, perché sospettata di essere una lettrice (pertanto una pericolosa sovversiva), rappresenta per molti versi una metafora del cosiddetto homo legens.
Lentamente Montag comincerà anch’egli a trasformarsi in un lettore. Si sveglierà di notte per poter leggere di nascosto. Truffaut ce lo mostra immerso nel libro La storia personale di David Copperfield, una biografia, la storia di un uomo che narra la sua vita in un libro, il cui primo capitolo si intitola, e non a caso, “Vengo al mondo”. Sarà così che Montag comincerà a scoprire che dietro ad ogni libro “si nasconde un uomo” e comprenderà che per costruirsi un’identità è necessario ordinare gli eventi della propria vita in un costante e coerente flusso temporale. Truffaut, molto abilmente, descrive questa scena offrendoci un primo piano delle pagine del libro mentre Montag lo legge. In questo caso la macchina da presa sostituisce gli occhi dello spettatore, e il dito di Montag, che segue le righe della pagina mentre legge, è in realtà il dito dello spettatore.
A partire da questa fase, in un crescendo avvolgente, assisteremo alla metamorfosi di Montag e al suo tentativo di ribellione. Dopo una serie di inutili tentativi di convincere la moglie dell’importanza della lettura, e dopo essere stato scoperto (proprio a seguito di una denuncia della moglie stessa) dalle autorità, Montag diventerà a sua volta un fuggitivo. Incontrerà Clarisse e grazie a lei raggiungerà un luogo in cui si nascondono gli “uomini-libro”, delle persone che sono riuscite a scappare e che si sono rifugiate in aperta campagna dove vivono pacificamente raccolti in piccoli gruppi.
Ognuno di loro ha scelto un libro e lo ha imparato a memoria. Sono insomma dei veri e propri libri viventi, essi sono il frutto di una strategia messa in atto per conservare la memoria delle grandi opere letterarie dell’uomo dall’oblio.
Al suo arrivo nel luogo degli uomini-libro, una persona esce da un vagone ferroviario adibito a casa per accoglierlo. Gli si presenta come il “Giornale di Henry Brulard” di Stendhal e lo introduce in una sorta di organizzazione segreta di resistenza.
In una delle scene più toccanti del film si vede un vecchio in punto di morte mentre recita se stesso (“La chiusa di Ermiston”, di Robert Louis Stevenson) a suo nipote, in modo che il ragazzo possa ereditare tale memoria e diventare a sua volta un uomo-libro. Nella scena immediatamente successiva Truffaut ci mostra la prima neve dell’inverno che cade ed il vecchio che muore, mentre il bambino, suo nipote, è intento a recitare da solo il brano.
Il film si chiude quindi con un forte messaggio di speranza: la comunicazione intergenerazionale è riuscita, il bambino è diventato un libro, è stato messo in grado, attraverso la memoria del nonno, di costruirsi un’identità, mentre il passato, la tradizione, è stato almeno parzialmente, salvato dall’oblio.
Né Bradbury né Truffault nelle loro rispettive opere, ne fanno cenno, ma può darsi che essi, o uno di loro due, siano stati a conoscenza del fatto che nell’universo concentrazionario alcuni rabbini fungevano da “libri viventi” le cui pagine potevano essere consultate dagli altri prigionieri per trovare un conforto, ma anche per salvare la propria identità pesantemente messa in discussione da coloro che significativamente sono stati definiti come “gli assassini della memoria”.

lezione XVIII-XX

Torniamo a noi!

Abbiamo cominciato a discutere dei temi trattati negli ultimi due libri di testo. Come anticipato già durante le prime lezioni dedicheremo questi ultimi incontri ad approfondire l'analisi del rapporto tra media e società, concentrando in particolare l'attenzione sulla televisione e i videogiochi.

Prima di occuparci delle analisi proposte da Wunenburger nel suo libro, può essere utile studiare il saggio sulla televisione presente nel manuale, prestando particolare attenzione ai riferimenti relativi a:
- rapporto tra televisione e altri media (cinema, radio, nuovi media);
- teorie sull'influenza della televisione nei processi di socializzazione e costruzione dell'identità

Per quanto riguarda Wunenburger è stato sottolineato un aspetto che ritengo fondamentale per un corretto approccio al testo e che nell'introduzione al volume viene definito una "sociologia dello schermo" (pagg. 10-12). La comprensione di tale approccio risulterà inoltre molto utile anche allo studio dell'ultimo libro in programma (videogiochi e cultura dela simulazione).

Risposte varie

Ho ricevuto diverse decine di commenti e richieste varie, sia attraverso il blog sia direttamente per e-mail. Fortunatamente è possibile raggruppare le risposte a seconda degli interessi. Cominciamo dunque con le domande più gettonate per poi passare via via a quelle più singolari:

- chi ha superato la prova intercorso può presentarsi direttamente all'orale della sessione estiva (19 giugno o 19 luglio) SENZA BISOGNO DI PRENOTAZIONE.

- chi ha sostenuto la prova intercorso e intende sostenere l'orale da settembre in poi (entro e non oltre marzo 2008) può farlo prenotandosi direttamente su questo blog (15 giorni prima della prova)

- chi non ha superato la prova intercorso o non intende accettare il voto può (senza alcun bisogno di comunicazioni ulteriori al docente) prenotarsi e presentarsi alla prova scritta nella sessione che desidera

- il programma è il seguente (ED è UGUALE PER "TUTTI"):
PROVA SCRITTA: Cavicchia-Pecchinenda, Sociologia della comunicazione (Prima Parte. Cioè i primi tre capitoli); Cavicchia, La morte (i primi due capitoli. Cioè l'individuo e il tempo).
PROVA ORALE: Cavicchia-Pecchinenda, Sociologia della Comunicazione (capitolo sulla televisione più un capitolo a scelta tra "fotografia" e "cinema");
Cavicchia, La morte (capitoli 3 e 4. Cioè La memoria e la morte); Wunenburger, L'uomo nell'era della televisione; Pecchinenda, Videogiochi e cultura della simulazione (questi ultimi due senza esclusioni)

- per quanto riguarda le valutazioni va innanzitutto chiarito che il voto della prova scritta è indicativo. Per la valutazione finale è assolutamente determinante la qualità del colloquio orale. Questo significa (per rispondere a domande specifiche di interesse collettivo, almeno credo!) che un ottimo orale può far alzare anche di molto la valutazione di partenza (in teoria anche una C, se la prova orale risultasse veramente brillante, potrebbe trasformarsi in 30); viceversa... avere ottenuto A o B allo scritto non garantisce necessariamente il superamento dell'esame!

- l'elaborato scritto verrà analizzato insieme al docente durante la prova orale (i primi minuti dell'esame consistono proprio in una revisione e breve discussione della prova scritta). Non è pertanto possibile prevedere (siete oggettivamente troppi!) la revisione in un'altra sede.

- ci sono poi delle domande su alcuni argomenti del programma alle quali, purtroppo, non posso rispondere sul blog. Soprattutto per motivi di tempo, ma anche perché, con un piccolo sforzo, potrete trovare le risposte nei libri di testo (già aver individuato la domanda giusta può costituire un buon punto di partenza). Laddove dovessero persistere grosse difficoltà... siete invitati a ripropormi le domande... proverò a rispondere.

venerdì 25 maggio 2007

RISULTATI PROVE INTERCORSO

Risultati delle prove intercorso - MAGGIO 2007
Comunicazione e Processi Culturali

A = 28-30
B = 25-27
C = 22-24
D = 18-21

INSUFFICIENTE (è necessario sostenere la prova scritta)


Albano Marianna 880/578 A
Alfia Dania 551/2337 B
Aliperta Paqualina 551/4564 B
Amabile Alessandra 551/4361 C
Ambrosino Fabiana 551/4315 C
Amici Roberta 551/3675 B
Amore Federica 551/4506 A
Amoroso Giovanna 551/4696 A
Amoroso Stefania 880/489 C
Amoruso Giuseppina 551/3766 B
Andrisani Alessandra 880/454 A
Anzalone Sonia 551/4556 B
Aprea Rosario 551/4360 B
Arcini Teresa 551/4967 B
Arcucci Emanuela 551/4754 B
Ardizio Mariarita 551/4517 D
Attimo Tonia Carmen 880/492 D
Autiero Luca 880/461 B
Avorio Fabio 551/3391 C
Banchieri Alessio 551/1943 C
Barone Anna 551/5163 B
Barra Antonietta 551/2568 B
Barricella Stefano 880/495 B
Battaglia Chiara 551/43102 B
Battaglia Fortuna 551/4559 C
Benevento Margherita 880/450 C
Bilotto Samantha 551/457 C
Bocchetti Silvana 551/4968 B
Borrelli Elena rosaria 880/536 B
Borrelli Ilaria 551/4794 A
Borriello Emilia 551/4477 D
Bory Paolo 551/5280 A
Borzacchelli Marialuana 551/2459 C
Bove Giovanni Luca 551/4862 B
Brandi Angela 551/3123 C
Caiazzo Anna 551/4840 A
Calia Laura 551/5330 B
Calvanese Alessandro 880/460 Insufficiente
Camerlengo Maria 551/4514 B
Cammarano Claudia 551/4856 A
Capaccio Fabio 551/4475 A
Capasso Concetta I. 551/5009 D
Capasso Gaetano 880/456 B
Capezzuto Lucia 551/4578 D
Capone Elvira 551/4091 B
Capriello Vincenza 551/4896 A
Captano Raoul 5515219 C
Capuozzo Assunta 551/1912 B
Carandente Barbara 551/2060 A
Carannante Ilaria 880/472 A
Carlino Luca 551/2771 C
Caruso Valentina551/4358 A
Casaburi Claudia 551/5097
Casolare Rosanna 551/4483 B
Castiglione Anna 551/3354 B
Cenere Luna 551/4637 A
Cesaro Anna 551/4635 C
Chiarolanza Rossana 551/4619 A
Chitos Dafne 551/3416 A
Ciaravolo Gennaro 880/501 D
Cimmino Melania 551/4425 B
Cinquegrana Francesco 880/512 B
Cipriano Vito 880/565 D
Cirillo Valentina 551/4723 A
Cleope Luigi 880/591 C
Coppola Angela 551/5257 B
Costigliola Rosa 551/3898 B
Coviello Francesco Saverio 551/5199 D
Covone Antonietta 551/4327 A
Crasta Rita 551/4591 A
Cristiano Armando 880/589 C
Cuomo Maria Eliana 551/4367 D
Cutolo Serena 551/4887 B
D’Alenio Federico 551/3569 C
D’Alessio Anna 551/4844 C
D’Alessio Chiara 551/3575 A
D’Ambrosio Maria 551/5292 B
D’Amico Natascia Palmina 551/4854 C
D’Angelo Pasquale 551/4395 C
D’Auria Anna 551/4538 B
D’Elia Melania 551/3002 C
D’Orio Angela 880/485 B
D’Urzo Enrica Maria 551/5398 A
D’Uva Rosalia 551/4618 C
De Chiara Valentina 880/534 C
De Felice Serena 551/3342 B
De Francisci Manuel 551/4580 B
De Gregorio Daniele 551/4455 C
De Landro Maria 551/3122 D
De Martini Massimiliano 880/482 B
De Panno Giorgia 551/4738 A
De Stefano Giovanni 551/4106 C
De Vito Annabella 551/4825 B
Del Giudice Maria Domenica 551/5065 B
Del Prete Angela 551/3440 C
Del Vecchio Cinzia 551/5030 B
Dello Ioio Monica 551/3653 B
Di Bello Emanuela 551/4839 A
Di Luccio Nicolò 551/4372 D
Di Maro Mariateresa 551/4487 C
Di Martino Angela 551/3966 C
Di Meo Giuseppe 880/551 C
Di Napoli Carolina 551/2000 B
Di Pasqua Mario 880/464 A
Di Prisco Vittoria 551/4571 B
Di Rienzo Mariateresa 551/4520 B
Di Serio Natascia 551/4913 A
Donadio Colette 880/448 B
Donnarumma Fortuna 551/5307 C
ERRA FABIO 551/5107 B
Esposito Anna 551/4582 A
ESPOSITO GIOVANNI 880/587 D
Esposito Giuseppe 551/3824 D
ESPOSITO MARCO 551/4465 A
Esposito Sabrina 551/3778 B
Falgiano Daniela 551/4782 B
Felaco Cristiano 551/4502 B
Fenderico Ilaria 551/4974 B
FERRARA SARA 551/4401 C
Ferriol Gabriella 551/4342 B
Finiello Mirco 551/3220 C
Fiscone Girolama 551/4728 C
Fontanella Anna 551/5352 B
FRANZESE MARIA 551/3119 B
FREDIANI PAOLA 27/23209 C
Galante Valentina 551/3854 C
GALLARDO GABRIEL GIL ERASMUS A
Gelminno Emilia 551/4086 A
GIANNANTONIO CHIARA 880/511 C
Giannuzzi Savelli Carlotta 880/528 A
Giordano Rosa 551/5302 B
GIORDANO VINCENZO 551/3449 C
GIORGIO MARIAGRAZIA 551/4781 B
Gramignani Eliano 880/484 B
Granata Maria Rosaria 551/3176 B
GRANESE ELEONORA 551/3585 C
Grasso Antonella 880/540 B
Greco Angela Maria 551/4642 B
GUARINO ANTONIO 551/953 D
GUAZZO CARMELA 551/5119 B
Iacovello Alessandro 551/4688 INSUFFICIENTE
Illiano Mariana 551/4992 B
IMPERO MARIA 551/5387 B
INFANTE MARIA GRAZIA 551/3121 B
INGROSSO ILARIA 880/483 C
Iovinella Gabriella 551/4286 A
KORANYI ESZTER ERASMUS A
La Marca Giovanni 880/506 D
LANDOLFI ELISA 880/509 C
Lanna Rossana 551/4474 B
LEONARDI GIUSEPPINA 551/4497 Insufficiente
LEPORE MELINDA 551/4451 C
Lesina Valentina 551/4688 A
LIBERTINO MATILDE GIUSY 551/4419 D
Liccardi Maria 551/3100 C
LIGUORI CARMELA 551/4621 C
LIMA GIOVANNA 551/3937 B
LIOI FEDERICA 551/5113 C
LONGOBARDI NICOLA 880/209 D
Longobardi Veronica 880/520 B
LORETO RITA 551/5001 D
LUCCI LUIGI 551/4331 B
MAIONE MARIA LORENA 551/4857 C
MARANO SERENA 551/3517 B
MARCARI CHIARA 551/4827 Insufficiente
MARRA ANNA 27/22885 C
MARSICO CONCETTA 880/597 D
MARTONE VALENTINA 551/4347 A
MARZATICO MARIA 551/5339 B
Massaro Angela 551/4150 B
Mastroianni Ilaria 880/564 C
MATTEI STEFANIA 551/4648 A
Mattera Angela 880/466 B
MATTIOLI DANIELE 551/2361 C
MAZZOLA VALENTINA 551/4285 B
Mennella Giuseppe 880/479 A
Meschino Pierpaola 551/5200 B
MICALE FRANCESCA 551/2513 C
MICALE NOEMI 551/4255 B
Michelino Daniela 551/5248 B
Miele Anna 551/4804 B
Miele Fiorella 551/4408 B
Migliore Annalia 880/470 B
Mirabella Giuseppe 880/488 C
MIRAGLIA ISABELLA 551/4701 D
MIRALTO ORNELLA 551/2625 C
MOCCIA ROBERTA 551/3509 C
Montella Anna 880/572 B
Montesarchio Antonio 551/2322 B
MOSCARITOLO GABRIELE 551/6161 D
Muraglia Andrea 551/3411 B
Napolitano Valeria 551/3728 INSUFFICIENTE
Nespoli Angelo 880/458 A
NICOTRA LAURA 551/4345 B
NIOLA SIMONA 551/4507 Insufficiente
Noto Enza 551/4892 B
Orlandini Emma 551/2058 B
Orlando Chiara 551/5348 B
Paduano Paolo 551/2494 Insufficiente
PALOMBA MICHELA 551/4297 C
Palumbo Teresa 551/5314 A
PAPAROZZI CONCETTA 880/575 B
PARADISO MARIANGELA 551/2233 B
PAUDICE PIERA 551/5115 B
PENNACCHIO MARIANGELA 551/4449 B
Petito Carla 551/4402 C
Petrazzuolo Ivana 551/4328 A
PETROSINI MARIAROSARIA 551/4326 B
Pezzillo Valeria 551/4316 B
PIACENTE GIUSEPPINA 551/3581 C
PIETOSO RITA 551/2555 B
PINTO CATERINA 551/3721 B
Pirolo Mariarosaria 551/4558 B
PISTILLO ALESSANDRO 880/553 B
PONTICELLI MARIA 551/4003 B
PUDDU SIMONA 551/4383 C
Punzo Giorgio 551/4665 B
Raimo Rosaria 551/4525 B
Rea Angela 551/4832 B
Ricciardi Anna 551/5243 B
Ricolo Orsetta 551/4396 A
Rinaldi Angela Daniela 551/3035 C
Riviecchio Rossella 880/465 B
Roberti Viviana 551/4936 C
Romano Claudia 880/527 C
Romano Marialaura 551/2338 A
Romolini Ida 551/5201 C
Ruocco Marianna 880/474 B
Ruocco Stefania 551/4516 B
Russo Daniela 551/4741 C
Russo Giovanni 880/603 B
Russo Paolo 880/372 B
Russolino Maria 551/2465 C
Salvetti Alessia 551/5102 B
Sansalvatore Veronica 880/568 C
Santonicola Anna 551/5052 A
Sarno Marina Serena 880/524 B
Saviano Maria Grazia 551/4776 D
Schiavo Adriana 551/3576 B
Schioppa Alessandra 551/4997 B
Scogniamiglio Alfonso Ranieri 880/531 C
Scotto Di Luzio Vanna 551/3324 B
Scovito Luigi 880/569 B
Scuotto Anna 551/5023 A
Semplice Ilaria 551/3175 B
Sepe Luciana 551/3243 B
Severino Andrea 551/3301 B
Sgambati Rossella 880/453 A
Sglavo Iolanda 551/4543 A
Sica Antonella 551/4406 B
Sicignano Carolina 551/4541 B
Siricio Maria Vittoria 880/604 C
Sirigone Fiorella 551/3120 C
Sollo Francesca 880/547 C
Sorgente Marianna 551/4385 C
Spampinato Mariangela 551/4318 C
Spina Vittoria 551/4436 B
Sposato Raffaella 551/4490 B
Stella Luana 551/4704 C
Straccialano Laura 551/4505 C
Tammaro Maria Rosaria 880/541 C
Tarantino Maria Antonietta 551/5233 D
Testa Assunta 551/4311 A
Tixon Daniela 551/4685 C
Tizzano Graziella 551/5329 B
Torre Immacolata 551/4716 B
Tramontano Barbara 551/3758 B
Trombetta Gaetana 551/2738 C
Tufo Gaetana 551/3017 B
Varriale Marianna 551/4014 C
Varriale Valeria 880/476 B
Venezia D’Anna Giulia 551/4280 D
Verde Mara 551/2458 A
Vezzo Federica 880/513 B
Vezzuto Diego 551/5331 A
Viesti Carmela 880/574 B
Villani Enzo 880/525 B
Vincenti Annunziata 551/3182 INSUFFICIENTE
Vitale Franco 880/503 A
Vitale Pierluigi 880/535 C
Vitiello Antonio 551/4291 B
Vivone Mariarosaria 551/4373 B
Zamagni Simona 551/3210 C
Zarra Rosaria 880/554 C
Zimbardi Diego 880/537 D
Zimbardi Nadia 880/533 C

martedì 22 maggio 2007

cambio aula lezione

la lezione di giovedì 24 maggio si terrà al Cinema ASTRA (ore 11-13)

giovedì 17 maggio 2007

lezione XVI-XVII

Le ultime lezioni sono state dedicate all'analisi dei capitoli riguardanti la memoria e la morte.
Per quanto concerne il primo punto, una particolare attenzione è stata dedicata ai seguenti aspetti:
- L'approccio sociologico allo studio della memoria;
- definizione di memoria collettiva e memoria storica
- rapporti tra memoria e oblio
- il mito e la memoria collettiva
- la memoria e i media
- memoria, comunicazione e presentificazione
- la memoria e la narrazione

La morte è stata analizzata innanzitutto come indicatore per la comprensione e la spiegazione del comportamento collettivo. Da un punto di vista sociologico la morte si presenta infatti come una cartina di tornasole per comprendere il funzionamento delle istituzioni e i meccanismi che ne consentono la legittimazione.
Oltre a ricordare la centralità dello studio della morte nel lavoro dei grandi autori classici della sociologia, sono state in seguito descritte alcune delle fasi principali che hanno caratterizzato la "storia della morte in Occidente". In particolare si è fatto riferimento a dei casi idealtipici di "morte tradizionale" e "morte moderna", accennando ad alcuni degli esempi approfonditi nel testo d'esame (esempi tratti da lavori letterari di Georges Duby e Lev Tolstoj).
Nel corso della prossima lezione di martedì 22 maggio, prima di cominciare ad introdurre gli argomenti trattati nel volume di Wunenburger (L'uomo nell'era della televisione), verrà presentata una sintesi e una conclusione delle tematiche trattate nel testo di Cavicchia Scalamonti, con particolare riferimento alle ultime tre lezioni.