giovedì 27 ottobre 2011

La formula sociologica


Cosa Resta da Scoprire


    Articolo pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno del 27 ottobre 2011
                                           di Gianfranco Pecchinenda

Da quando l’uomo ha scoperto la sociologia, ovvero da quando ha preso coscienza che la fonte di ogni cambiamento si svolge nell’ambito di un complesso insieme chiamato società, si è sempre andati alla ricerca di una sorta di formula in grado di poter legittimare il passaggio da una strutturazione eteronoma dell’organizzazione umana a una autonoma.
Il dubbio di chi, come me, si occupa di scienze sociali, è che una scoperta del genere, quale che sia il tipo di marchingegno elaborato per portare a compimento la tanta agognata scoperta, potrebbe comportare, tra le conseguenze inintenzionali, la fine delle possibilità di qualsivoglia tipo di organizzazione sociale. Ogni società, infatti, esiste se e solo se i suoi membri sono messi in grado di poter coltivare l’illusione di una qualche forma di immortalità. C’è chi crede a un continuo e infinito ciclo di reincarnazioni, chi crede in una vita eterna che avrebbe inizio subito dopo la fine dei tempi, chi crede che la scienza possa curare la morte come se si trattasse di una malattia tra le altre, causata da un sempre incombente male che bisogna dunque combattere; c’è chi crede – in alternativa a quest’ultima posizione – che l’invecchiamento possa essere frenato, rinviato, eliso e, con esso, anche la morte stessa.
L’unica cosa certa, l’unico elemento in comune di tutte queste credenze è la loro precarietà, il margine d’incertezza che si nasconde dietro ad ogni possibile interpretazione del genere. Ed è proprio una tale precarietà a far sì che tutti i partecipanti a tali sottomondi umani, pur di far prevalere e di poter affermare il proprio riferimento immortale,combattano, indaghino, facciano ricerca, provino a scoprire soluzioni. Come d’altronde fa la scienza stessa.
Se la nascita della società moderna può essere considerata la messa in forma politica dell’autonomia dell’organizzazione umano-sociale, quello che manca da scoprire è la formula che possa rendere irreversibile (come erroneamente si è creduto potesse essere già accaduto nel corso degli ultimi due secoli) e universalmente accettato tale passaggio.
A lungo si è creduto che la secolarizzazione, ovvero la perdita della centralità della religione in ogni ordine istituzionale, potesse essere l’ingrediente essenziale di una tale potenziale formula. Il risultato pratico, come tutti sappiamo, è stato spesso l’emergere e il diffondersi di una nostalgia di assoluto che ha contribuito a forgiare ideologie ed esperienze storiche di carattere totalitario.
La sociologia può contribuire a fornire uno strumento d’analisi dei fenomeni sociali che si possa delineare come scevro da condizionamenti ideologici. Ciò in modo da configurare una comprensione dei fatti sociali e l’organizzazione delle relazioni umane tese a salvaguardare le istanze dell’autonomia e l’attenzione alla libertà e al diritto dei singoli individui.

Nessun commento: