venerdì 27 aprile 2007

lezione XI-XII

le lezioni del 24 e del 26 aprile sono state dedicate ad un approfondimento delle analisi del concetto di tempo in sociologia e al suo rapporto con il processo di individualizzazione.

Di seguito trascrivo una sintesi di alcuni concetti preliminari allo studio dei primi due capitoli, di cui si è discusso a lezione.

(Le pagine 80-87 per il momento non vanno studiate)

Tra i criteri più primitivi per misurare il tempo vi erano i movimenti del sole, della luna, delle stelle. Oggi noi abbiamo un'immagine precisa delle relazioni e delle regolarità di questi movimenti: i nostri predecessori invece non l'avevano. Essi facevano esperienza di una gran quantità di singoli avvenimenti, senza averne un rapporto chiaro. Se non si possiede un preciso STANDARD (ad esempio l'ora dell'orologio) per determinare temporalmente gli avvenimenti, non si può avere un concetto di tempo come il nostro. E' soltanto lo sviluppo della determinazione temporale nella vita sociale, la progressiva creazione di un "reticolo" integrato di "regolatori temporali" (orologi continui, calendari continui, scale temoprali tipo anni, secoli etc.) ciò che rende in generale possibile l'esperienza del tempo in quanto FLUSSO REGOLARE E UNIFORME.

Appare evidente dunque come il problema fondamentale riguardi LA COSTRUZIONE DI AMBIENTI UMANI sempre più INDIPENDENTI e AUTONOMI rispetto alla natura.
Da questo punto di vista vi è una autonomia relativamente crescente nelle società umane: quanto più l'enclave umana cresce in dimensione e autonomia (nel quadro di più ampi processi di urbanizzazione, commercializzazione e meccanizzazione), tanto più grande diventa la sua DIPENDENZA da strumenti creati dall'uomo con la funzione di STRUMENTI DI MISURAZIONE. E al contempo tanto minore diviene la DIPENDENZA da metri di misura temporali non umani come il movimento della luna, quello del sole, i flussi e i riflussi delle maree.

Nell'ambito di tutte lecomunità umane, almeno fino ad una certa epoca storica, la determinazione sociale del tempo non poteva che seguire un modello che, essendo strettamente dipendente dall'evolversi dei ritmi naturali, non poteva che essere circolare.
In una società agraria, ad esmepio, il tempo veniva definito innanzitutto dai ritmi naturali. Il calendario del contadino rispecchiava l'avvicendarsi dei periodi dell'anno e la successione delle stagioni agricole. Presso i Germani i mesi portavano nomi che indicavano i lavori agricoli e le altre attività svolte nelle stesse stagioni agricole. Il mese del maggese (maggio), il mese della falciatura (luglio), quello della semina (settembre), del vino (ottobre) e così via.

Ciò che è più significativo è che questi concetti esprimessero non una tendenza lineare del tempo (dal passato al futuro) ma piuttosto un suo movimento circolare.

Il fatto che il tempo venisse regolato dai cilci naturali, determinava però non solo la dipendenza dell'uomo dalla natura, MA ANCHE LA STRUTTURA SPECIFICA DELLA SUA COSCIENZA. Nella natura non c'è sviluppo o progresso, ma solo REITERAZIONE. C'è una turannia, quella del suo ritmico e regolare movimento ciclico. E tale Eterno Ritorno lo ritroviamo al centro della vita spirituale almeno fino a tutta l'antichità occidentale e, in gran parte, a tutto il Medioevo.
In tale tipo di società l'INDIVIDUALITA' viene negata, così come ogni tipo di possibile condotta innovatrice. La norma (anzì la virtù), voleva che ognuno si comportasse come tutti gli altri, n modo tradizionale. La vita dell'uomo deve essere una ripetizione continua di atti precedentemente compiuti da altri secondo un MODELLO (un archetipo) di comportamento attribuito ai primi uomini, ai Padri fondatori, agli Eroi o alle Divinità stesse. La reiterazione da parte degli uomini di atti risalenti a un prototipo divino li collega al SACRO.

Tutta l'attività degli uomini, familiare, produttiva, sociale, intima, riceve un SENSO e una SANZIONE in quanto partecipe o meno del sacro, secondi un RITUALE fissato agli inizi dei tempi.

Nella coscienza moderna domina invece un TEMPO VETTORIALE, LINEARE.
Un momento di trasformazione cruciale è dato dal passaggio dal Paganesimo a Cristianesimo nell'Europa Medioevale. L'atteggiamento arcaico verso il tempo non venne però estirpato di punto in bianco, quanto progressivamente messo in secondo piano. Ad esempio il calendario pagano che rifletteva i ritmi naturali, venne via via adattato ai bisogni della liturgia cristiana. L'anno era scandito dalle feste che contrassegnavano gli eventi della vita di Cristo, i giorni sacri. Di conseguenza il calcolo del tempo veniva compiuto contando il numero delle settimane prima e dopo Natale, e così via.

Fino al XIII-XIV secolo gli strumenti di misurazione del tempo erano una rarità. Erano usuali gli orologi solari, quelli a sabbia (clessidre) e ad acqua. I monaci si oriantavano in base al numero di pagine lette o dal numero di salmi recitati. Per la massa della popolazione il principale punto di orientamento nella giornata era il suono delle campane della Chiesa. Le giornate erano divise in una serie di frazioni, le ore canoniche; di solito erano sette, scandite dal tocco dell'orologio della chiesa. Così il corso del tempo veniva controllato dal clero.
Si distingueva la campana della mietitura, quella dello spegnimento del fuoco, quelle del pascolo nei prati. L'intera vita della nascente popolazione pre-urbana era regolata dal suono delle campane, adeguandosi così al ritmo del tempo della Chiesa.

Il predominio del tempo della Chiesa poté durare finché esso corrispose al lento, cadenzato ritmo della vita della società feudale, determinato soprattutto dalla sua natura agraria. Ma al suo interno si sviluppava un altro centro della vita feudale, che si caratterizzava per un ritmo particolare e necessitava di una più rigorosa misurazione del tempo, di un suo più accurato dispendio: LA CITTA'.

I cili produttivi degli artigiani non erano definiti dall'avvicendarsi delle stagioni. Tra un artigiano e la natura già si interponeva un ambiente artificiale da lui stesso creato. La città diventa portatrice di un nuovo atteggiamento verso il tempo. Sulle torri cittadine vengono posti gli orologi meccanici che soddisfano un'esigenza prima ignota: conoscere eil "tempo esatto" nell'arco di una giornata. Per i MERCANTI IL TEMPO E' DENARO!. L'imprenditore ha bisogno di determinare le ore in cui è attiva la sua bottega. IL TEMPO DIVENTA MISURA DEL LAVORO, diventa un valore essenziale nel processo di produzione.
La città diviene padrona del tempo, sottraendolo alla Chiesa. L'uomo al tempo stesso cessa di essere padrone di un tempo che comincia a scorrere indipendentemente dalle sue attività e da ogni evento concreto. Esso impone una sua tirannia a cui gli uomini sono costretti a sottoporsi.

Intorno al XVII secolo si verificano due altri fondamentali passaggi per la storia sociale del tempo occidentale: la dissociazione definitiva dello svolgimento temporale rispetto al tempo divino e sacro (nasce quindi la ricerca di un qualcosa che dia un senso alla sua evoluzione); il secondo consiste nella generalizzaizone del progresso sociale e tecnico.

La visione ciclica del tempo si interrompe drasticamente: l'uomo non è più rivolto all'indietro, alla ricerca nel passato di modelli da seguire, ma si comincia a volgere verso la oramai dilagante categoria di futuro, sostenuta dalla dilagante idea di progresso.

L'analisi dell'idea di progresso, unitamente al fenomeno di diffusione della razionalità e del progresso sceintifico, diventano centrali per analizzare le Filosofie della Storia.

martedì 24 aprile 2007

cambio orario lezioni

l'orario delle lezioni del giovedì di comunicazione e processi culturali non è più 14.00-16.00 ma 11.00-13.00 (l'aula resta la stessa).

venerdì 20 aprile 2007

lezione IX-X

Nel corso delle due ultime lezioni sono state introdotte alcune delle questioni principali riguardanti i temi dell'individualizzazione e della temporalità (corrispondenti ai capitoli I e II del testo d'esame di Cavicchia Scalamonti).

Dopo aver ribadito in che senso tali tematiche vanno ricollegate a quelle trattate nelle lezioni precedenti, il discorso è stato incentrato principalmente sui seguenti punti:
- Definizione del concetto di identità in sociologia;
- Rapporto tra processi di socializzazione e costruzione sociale dell'identità;
- Definizione del concetto di individualizzazione e possibili significati in senso sociologico;
- Analisi comparata dell'identità intesa in senso individualizzato in rapporto a tipologie premoderne quali: i Canachi (Maurice Leenhardt), i Maori (Marshall Sahlins), le caste indiane (Louis Dumont e Sudhir Kakar);
- La cultura greco-romana e l'emergere dei primi tratti individualizzanti;
- La tradizione giudaico-cristiana e la sua importanza determinante nel processo di costruzione storico-sociale dell'idea di individuo.

A partire da questo punto il discorso sull'individuo si intreccia necessariamente con quello legato alla rappresentazione sociale del Tempo.
L'ultima lezione si è conclusa con una introduzione ad alcuni concetti basilari per l'analisi sociologica della temporalità.

mercoledì 11 aprile 2007

lezione VII-VIII

Nel corso delle ultime lezioni sono state presentate le posizioni teoriche di tre importanti studiosi contemporanei: Marshall McLuhan, Joshua Meyrowitz e Philippe Breton. Sul primo, certamente il più importante e significativo dei tre, ci siamo già soffermati diffusamente (vedi lezione VI). Per quanto riguarda gli altri due, le cose principali di cui abbiamo discusso sono le seguenti:

- Meyrowitz è stato presentato soprattutto in quanto continuatore di un certo filone di studi che, sulla falsariga di McLuhan, ha arricchito ed aggiornato un tipo di interpretazione che privilegia il determinismo tecnologico. Per approfondimenti su questo autore si consiglia di leggere bene le pagine 58-67 del manuale;

- Breton è stato preso in considerazione soprattutto perché ritenuto uno dei più originali rappresentanti di un approccio che relativizza molto il forte determinismo tecnologico presente negli autori precedenti. Il suo lavoro sugli aspetti "utopici" della comunicazione, alla cui analisi abbiamo dedicato una buona parte dell'ultima lezione, costituisce un ottimo esempio di apertura della ricerca sulla comunicazione a fenomeni non necessariamente riconducibili al determinismo dei media e delle tecnologie (anche per questo autore si raccomanda la lettura del manuale pagg. 67-74).

Ciò che mi interessa maggiormente - almeno in questa fase del corso - è che si comprenda il senso di un percorso che, pur riconoscendo l'importanza dei mutamenti tecnologici nella formazione della società moderna, non faccia mai perdere di vista l'intervento di fenomeni culturali di più ampia ed eterogenea derivazione, talvolta anche del tutto indipendenti dal fattore tecnologico.
Tale considerazione può rendere molto più agevole la comprensione dei contenuti delle tematiche che verranno presentate nelle prossime lezioni che, come è noto ai frequentanti, saranno dedicate all'analisi di fenomeni culturali caratteristici della modernità occidentale quali l'individualizzazione, la temporalità, la memoria e la morte.

Per ulteriori approfondimenti bibliografici sui tre autori considerati è consigliata la lettura dei brani antologici ad essi dedicati nel volume: L. Bifulco - G. Vitiello (a cura di), Sociologi della comunicazione. Antologia di studi sui media, Ipermedium libri, 2005.