Oltre a consigliarne la visione (ed eventualmente anche la lettura del romanzo da cui è tratto) a tutti, propongo qui di seguito una serie di riflessioni sull'argomento scritte per un saggio pubblicato alcuni anni fa.
(Potrebbe essere inoltre questa una buona occasione per affrontare ed approfondire (attraverso qualche commento sul blog) alcune delle discussioni emerse durante e dopo la proiezione del film... )
Un romanzo – Fahrenheit 451 – di Ray Bradbury, del 1953, e la sua celebre trasposizione cinematografica, realizzata nel 1966 da François Truffaut, vanno considerati, come spesso accade con le opere di alto valore artistico, strumenti molto efficaci per introdurre il tema seguente: le conseguenze sociali della nascita e del tramonto della scrittura, con particolare riferimento alle trasformazioni inerenti la memoria e l’identità.
Pur senza sottovalutare l’importanza dell’opera di Bradbury, a cui pure faremo riferimento, ci occuperemo principalmente di analizzare lo straordinario adattamento del romanzo realizzato da quel geniale regista che è stato François Truffaut, che riteniamo più utile al fine di evidenziare le caratteristiche specifiche che intendiamo esaminare.
Il film comincia presentandoci il protagonista – Montag – mentre su un’automobile rossa si dirige a gran velocità verso una casa da cui un uomo, dopo una telefonata che lo avvisava dell’arrivo dei pompieri, sta scappando.
Montag, dunque, è un pompiere. Un pompiere, però, il cui compito è esattamente opposto a quello cui sempre è stato destinato. Egli infatti, curiosamente, non è addestrato a spegnere il fuoco, bensì ad attizzarlo. Nella società in cui egli vive è proibito leggere, per cui la missione specifica del corpo militare cui appartiene, è quello di bruciare tutti i libri esistenti e con essi il passato ivi racchiuso. La loro divisa è nera e richiama le uniformi naziste corrette da un berretto alla Lenin. L’atmosfera è quella di 1984. Il regime che governa è evidentemente un regime totalitario.
In queste prime scene assistiamo alla perquisizione della casa di un “sovversivo” (un proprietario e “lettore” di libri) e al rogo dei volumi che sono stati scoperti. Dopo, mentre i pompieri vanno via, il capitano, che durante le operazioni era rimasto ad attenderlo nella vettura, confida a Montag di essere molto contento del suo lavoro e di volerlo candidare per una promozione. Il protagonista è dunque un uomo in carriera, egli è una persona che, almeno apparentemente, è perfettamente integrata nella società cui appartiene.
Il film ci mostra poi Montag all’interno di una sorta di treno rialzato (elemento che serve al regista francese per sottolineare l’elevato livello tecnologico della società), circondato da altri passeggeri, tutti avvolti in una silenziosa atmosfera da sogno, sullo sfondo di una dolce melodia. Lì, Montag incontra per la prima volta Clarisse, una ragazza che gli si avvicina con grande spontaneità, per parlargli.
Clarisse è un persona assolutamente singolare rispetto al resto dei passeggeri (e del resto della società), completamente diversa da tutti gli altri. Il suo personaggio, risulta centrale sia nel libro che nel lavoro del regista francese. Essa viene descritta come una ragazza a cui piace parlare con la gente, passeggiare sotto la pioggia, andare per i boschi assaporando i profumi e i sapori della natura. Un tipo sempre molto solare, pieno di vita, estremamente curiosa di ciò che la circonda, aperta al mondo. Tutte cose che – a suo dire – gli altri non fanno perché troppo intenti a guardare la televisione, chiusi in se stessi e ben attenti ad evitare qualunque contatto con l’esterno.
Scesi dal treno, Montag dice a Clarisse di ricordarle molto la moglie. Di fatto i due personaggi sono interpretati dalla stessa attrice (Julie Christie), forse per evidenziare il netto e significativo contrasto tra le due donne: la prima, come detto, aperta al mondo, al suo passato, agli altri, alla natura; l’altra eccessivamente chiusa in se stessa, nella sua casa, tra i suoi megaschermi televisivi, apatica e soprattutto senza alcun passato significativo da ricordare.
Le scene successive sono ambientate in casa di Montag: un ambiente freddo e asettico, il cui silenzio è rotto solo dai rumori provenienti dall’enorme televisione a parete, …costantemente acceso. La moglie – Linda – giace distesa sul letto, immobile, a guardare la televisione, …isolata da tutto e da tutti. Apparentemente, il suo unico passatempo, consiste nel recitare (in una sorta di televisione interattiva) in un programma titolato significativamente “La Grande Famiglia”. Si tratta di una specie di commedia televisiva assai banale: due uomini hanno invitato amici a casa e devono decidere la collocazione degli ospiti di fronte allo schermo, e chiedono consigli a Linda, questa deve rispondere; ma le sue risposte non hanno importanza perché i dialoghi sono già stati programmati (alla prima battuta, Linda, distratta, non sa come rispondere, ma la commedia va avanti lo stesso, mostrando tutta l’illusorietà del processo di interattività promesso). Ciò che comunque tali scene rendono evidente è il fatto che l’unico momento in cui Linda si sente veramente viva e partecipe, è quando giunge l’ora di recitare tra i membri (virtuali) della “Grande Famiglia”. Sono momenti autoreferenziali del film in cui il regista rende l’effetto di realtà del mezzo televisivo proponendoci primi piani dello schermo a muro e fornendo così la sensazione di stare assistendo a un film nel film, non lasciandoci distinguere con sufficiente chiarezza se ciò che stiamo vedendo sia la storia narrata nel film o ciò che la televisione descritta nel film mostra.
Linda è una persona interiormente morta, vuota, estraniata dal mondo e dagli altri, compreso suo marito. L’importanza di questo personaggio risiede proprio nel fatto che lei rappresenta gli abitanti di questo mondo con tutta l’apatia che li caratterizza. Dal canto suo, Clarisse, di cui il protagonista finirà inevitabilmente per innamorarsi e che a un certo punto del film diventerà una fuggiasca, perché sospettata di essere una lettrice (pertanto una pericolosa sovversiva), rappresenta per molti versi una metafora del cosiddetto homo legens.
Lentamente Montag comincerà anch’egli a trasformarsi in un lettore. Si sveglierà di notte per poter leggere di nascosto. Truffaut ce lo mostra immerso nel libro La storia personale di David Copperfield, una biografia, la storia di un uomo che narra la sua vita in un libro, il cui primo capitolo si intitola, e non a caso, “Vengo al mondo”. Sarà così che Montag comincerà a scoprire che dietro ad ogni libro “si nasconde un uomo” e comprenderà che per costruirsi un’identità è necessario ordinare gli eventi della propria vita in un costante e coerente flusso temporale. Truffaut, molto abilmente, descrive questa scena offrendoci un primo piano delle pagine del libro mentre Montag lo legge. In questo caso la macchina da presa sostituisce gli occhi dello spettatore, e il dito di Montag, che segue le righe della pagina mentre legge, è in realtà il dito dello spettatore.
A partire da questa fase, in un crescendo avvolgente, assisteremo alla metamorfosi di Montag e al suo tentativo di ribellione. Dopo una serie di inutili tentativi di convincere la moglie dell’importanza della lettura, e dopo essere stato scoperto (proprio a seguito di una denuncia della moglie stessa) dalle autorità, Montag diventerà a sua volta un fuggitivo. Incontrerà Clarisse e grazie a lei raggiungerà un luogo in cui si nascondono gli “uomini-libro”, delle persone che sono riuscite a scappare e che si sono rifugiate in aperta campagna dove vivono pacificamente raccolti in piccoli gruppi.
Ognuno di loro ha scelto un libro e lo ha imparato a memoria. Sono insomma dei veri e propri libri viventi, essi sono il frutto di una strategia messa in atto per conservare la memoria delle grandi opere letterarie dell’uomo dall’oblio.
Al suo arrivo nel luogo degli uomini-libro, una persona esce da un vagone ferroviario adibito a casa per accoglierlo. Gli si presenta come il “Giornale di Henry Brulard” di Stendhal e lo introduce in una sorta di organizzazione segreta di resistenza.
In una delle scene più toccanti del film si vede un vecchio in punto di morte mentre recita se stesso (“La chiusa di Ermiston”, di Robert Louis Stevenson) a suo nipote, in modo che il ragazzo possa ereditare tale memoria e diventare a sua volta un uomo-libro. Nella scena immediatamente successiva Truffaut ci mostra la prima neve dell’inverno che cade ed il vecchio che muore, mentre il bambino, suo nipote, è intento a recitare da solo il brano.
Il film si chiude quindi con un forte messaggio di speranza: la comunicazione intergenerazionale è riuscita, il bambino è diventato un libro, è stato messo in grado, attraverso la memoria del nonno, di costruirsi un’identità, mentre il passato, la tradizione, è stato almeno parzialmente, salvato dall’oblio.
Né Bradbury né Truffault nelle loro rispettive opere, ne fanno cenno, ma può darsi che essi, o uno di loro due, siano stati a conoscenza del fatto che nell’universo concentrazionario alcuni rabbini fungevano da “libri viventi” le cui pagine potevano essere consultate dagli altri prigionieri per trovare un conforto, ma anche per salvare la propria identità pesantemente messa in discussione da coloro che significativamente sono stati definiti come “gli assassini della memoria”.
Pur senza sottovalutare l’importanza dell’opera di Bradbury, a cui pure faremo riferimento, ci occuperemo principalmente di analizzare lo straordinario adattamento del romanzo realizzato da quel geniale regista che è stato François Truffaut, che riteniamo più utile al fine di evidenziare le caratteristiche specifiche che intendiamo esaminare.
Il film comincia presentandoci il protagonista – Montag – mentre su un’automobile rossa si dirige a gran velocità verso una casa da cui un uomo, dopo una telefonata che lo avvisava dell’arrivo dei pompieri, sta scappando.
Montag, dunque, è un pompiere. Un pompiere, però, il cui compito è esattamente opposto a quello cui sempre è stato destinato. Egli infatti, curiosamente, non è addestrato a spegnere il fuoco, bensì ad attizzarlo. Nella società in cui egli vive è proibito leggere, per cui la missione specifica del corpo militare cui appartiene, è quello di bruciare tutti i libri esistenti e con essi il passato ivi racchiuso. La loro divisa è nera e richiama le uniformi naziste corrette da un berretto alla Lenin. L’atmosfera è quella di 1984. Il regime che governa è evidentemente un regime totalitario.
In queste prime scene assistiamo alla perquisizione della casa di un “sovversivo” (un proprietario e “lettore” di libri) e al rogo dei volumi che sono stati scoperti. Dopo, mentre i pompieri vanno via, il capitano, che durante le operazioni era rimasto ad attenderlo nella vettura, confida a Montag di essere molto contento del suo lavoro e di volerlo candidare per una promozione. Il protagonista è dunque un uomo in carriera, egli è una persona che, almeno apparentemente, è perfettamente integrata nella società cui appartiene.
Il film ci mostra poi Montag all’interno di una sorta di treno rialzato (elemento che serve al regista francese per sottolineare l’elevato livello tecnologico della società), circondato da altri passeggeri, tutti avvolti in una silenziosa atmosfera da sogno, sullo sfondo di una dolce melodia. Lì, Montag incontra per la prima volta Clarisse, una ragazza che gli si avvicina con grande spontaneità, per parlargli.
Clarisse è un persona assolutamente singolare rispetto al resto dei passeggeri (e del resto della società), completamente diversa da tutti gli altri. Il suo personaggio, risulta centrale sia nel libro che nel lavoro del regista francese. Essa viene descritta come una ragazza a cui piace parlare con la gente, passeggiare sotto la pioggia, andare per i boschi assaporando i profumi e i sapori della natura. Un tipo sempre molto solare, pieno di vita, estremamente curiosa di ciò che la circonda, aperta al mondo. Tutte cose che – a suo dire – gli altri non fanno perché troppo intenti a guardare la televisione, chiusi in se stessi e ben attenti ad evitare qualunque contatto con l’esterno.
Scesi dal treno, Montag dice a Clarisse di ricordarle molto la moglie. Di fatto i due personaggi sono interpretati dalla stessa attrice (Julie Christie), forse per evidenziare il netto e significativo contrasto tra le due donne: la prima, come detto, aperta al mondo, al suo passato, agli altri, alla natura; l’altra eccessivamente chiusa in se stessa, nella sua casa, tra i suoi megaschermi televisivi, apatica e soprattutto senza alcun passato significativo da ricordare.
Le scene successive sono ambientate in casa di Montag: un ambiente freddo e asettico, il cui silenzio è rotto solo dai rumori provenienti dall’enorme televisione a parete, …costantemente acceso. La moglie – Linda – giace distesa sul letto, immobile, a guardare la televisione, …isolata da tutto e da tutti. Apparentemente, il suo unico passatempo, consiste nel recitare (in una sorta di televisione interattiva) in un programma titolato significativamente “La Grande Famiglia”. Si tratta di una specie di commedia televisiva assai banale: due uomini hanno invitato amici a casa e devono decidere la collocazione degli ospiti di fronte allo schermo, e chiedono consigli a Linda, questa deve rispondere; ma le sue risposte non hanno importanza perché i dialoghi sono già stati programmati (alla prima battuta, Linda, distratta, non sa come rispondere, ma la commedia va avanti lo stesso, mostrando tutta l’illusorietà del processo di interattività promesso). Ciò che comunque tali scene rendono evidente è il fatto che l’unico momento in cui Linda si sente veramente viva e partecipe, è quando giunge l’ora di recitare tra i membri (virtuali) della “Grande Famiglia”. Sono momenti autoreferenziali del film in cui il regista rende l’effetto di realtà del mezzo televisivo proponendoci primi piani dello schermo a muro e fornendo così la sensazione di stare assistendo a un film nel film, non lasciandoci distinguere con sufficiente chiarezza se ciò che stiamo vedendo sia la storia narrata nel film o ciò che la televisione descritta nel film mostra.
Linda è una persona interiormente morta, vuota, estraniata dal mondo e dagli altri, compreso suo marito. L’importanza di questo personaggio risiede proprio nel fatto che lei rappresenta gli abitanti di questo mondo con tutta l’apatia che li caratterizza. Dal canto suo, Clarisse, di cui il protagonista finirà inevitabilmente per innamorarsi e che a un certo punto del film diventerà una fuggiasca, perché sospettata di essere una lettrice (pertanto una pericolosa sovversiva), rappresenta per molti versi una metafora del cosiddetto homo legens.
Lentamente Montag comincerà anch’egli a trasformarsi in un lettore. Si sveglierà di notte per poter leggere di nascosto. Truffaut ce lo mostra immerso nel libro La storia personale di David Copperfield, una biografia, la storia di un uomo che narra la sua vita in un libro, il cui primo capitolo si intitola, e non a caso, “Vengo al mondo”. Sarà così che Montag comincerà a scoprire che dietro ad ogni libro “si nasconde un uomo” e comprenderà che per costruirsi un’identità è necessario ordinare gli eventi della propria vita in un costante e coerente flusso temporale. Truffaut, molto abilmente, descrive questa scena offrendoci un primo piano delle pagine del libro mentre Montag lo legge. In questo caso la macchina da presa sostituisce gli occhi dello spettatore, e il dito di Montag, che segue le righe della pagina mentre legge, è in realtà il dito dello spettatore.
A partire da questa fase, in un crescendo avvolgente, assisteremo alla metamorfosi di Montag e al suo tentativo di ribellione. Dopo una serie di inutili tentativi di convincere la moglie dell’importanza della lettura, e dopo essere stato scoperto (proprio a seguito di una denuncia della moglie stessa) dalle autorità, Montag diventerà a sua volta un fuggitivo. Incontrerà Clarisse e grazie a lei raggiungerà un luogo in cui si nascondono gli “uomini-libro”, delle persone che sono riuscite a scappare e che si sono rifugiate in aperta campagna dove vivono pacificamente raccolti in piccoli gruppi.
Ognuno di loro ha scelto un libro e lo ha imparato a memoria. Sono insomma dei veri e propri libri viventi, essi sono il frutto di una strategia messa in atto per conservare la memoria delle grandi opere letterarie dell’uomo dall’oblio.
Al suo arrivo nel luogo degli uomini-libro, una persona esce da un vagone ferroviario adibito a casa per accoglierlo. Gli si presenta come il “Giornale di Henry Brulard” di Stendhal e lo introduce in una sorta di organizzazione segreta di resistenza.
In una delle scene più toccanti del film si vede un vecchio in punto di morte mentre recita se stesso (“La chiusa di Ermiston”, di Robert Louis Stevenson) a suo nipote, in modo che il ragazzo possa ereditare tale memoria e diventare a sua volta un uomo-libro. Nella scena immediatamente successiva Truffaut ci mostra la prima neve dell’inverno che cade ed il vecchio che muore, mentre il bambino, suo nipote, è intento a recitare da solo il brano.
Il film si chiude quindi con un forte messaggio di speranza: la comunicazione intergenerazionale è riuscita, il bambino è diventato un libro, è stato messo in grado, attraverso la memoria del nonno, di costruirsi un’identità, mentre il passato, la tradizione, è stato almeno parzialmente, salvato dall’oblio.
Né Bradbury né Truffault nelle loro rispettive opere, ne fanno cenno, ma può darsi che essi, o uno di loro due, siano stati a conoscenza del fatto che nell’universo concentrazionario alcuni rabbini fungevano da “libri viventi” le cui pagine potevano essere consultate dagli altri prigionieri per trovare un conforto, ma anche per salvare la propria identità pesantemente messa in discussione da coloro che significativamente sono stati definiti come “gli assassini della memoria”.
16 commenti:
Clarissa a un certo punto usa un espressione "particolare" tipo "farina del suo sacco" che Montag non riconosce. Questo fa sembrare che anche i proverbi e i modi di dire siano scomparsi col tempo.
Nel film è vietato leggere e di conseguenza è vietato anche scrivere (Lo schedario di montag è costituito da sole foto). anche la tradizione orale viene distrutta?
un altro apsetto importante, a mio avviso, è sempre relativo alle schede dei pompieri. Tutte sono segnate da numeri (un po come avviene anche oggi con le matricole ecc... Questo assegnare alle persone e identificarle necessariamente come numeri porta, a lungo andare, ad un proccesso di de-individualizzazione?
se fossi una donna libro vorrei poter essere "se questo è un uomo di primo levi", perche la memoria non ci permetta di ammazzare il presente commettendo gli stessi errori!!!!
Salve prof,
le volevo chiedere se è possibile sostenere la prova scritta il 18 giugno e fare l'orale il 19 luglio!!
La ringrazio per l'attenzione...
Buon giorno Prof, poichè non sono presente alla lezioni, come dobbiamo approcciare con il racconto e l'analisi del film?basta una semplice conoscenza del contenuto o una critica? grazie
l'ideale sarebbe mettere in relazione i temi che emergono dal film con i contenuti delle lezioni
caro prof, per poter sostenere l' esame il 18 a che ora e dove ci si deve recare?
Per quanto concerne il film-racconto continuerei così come state facendo, proponendo riflessioni personali e spunti di approfondimento. Come ha già scritto qualcuno (anonimo 31/5) la cosa migliore potrebbe essere inoltre quella di legare l'analisi e le riflessioni sui contenuti del film con le tematiche del nostro corso.
Per il resto ripeto che è possibile sostenere lo scritto in una sessione e l'orale in un'altra (comunque entro e non oltre marzo 2008).
Per quanto riguarda l'anticipo al 18 (per alcuni) dell'orale, è previsto per le 15. Darò comunque ulteriori chiarificazioni nel corso della prossima settimana.
buon giorno professore
le volevo chiedere gentilmente se poteva pubblicare sul blog l'elenco delle persone che devono sostenere l'esame il 18 poichè non ero presente quando è stata fatta la divisione
la ringrazio in anticipo per la risposta
caro prof in questi giorni non ho potuto seguire le sue lezioni, per poter sostenere l' esame il 18 bisogna semplicemente presentarsi o lei ha effettuato, durante le ultime lezioni ,un elenco?spero possa rispondermi presto, grazie!
Gentile Professore ,
vorrei sostenere la prova scritta il 18 giugno e quella orale il 19 luglio. Devo prenotarmi per il 18 e poi presentarmi all'orale del 19 senza prenotazione o prenotandomi nuovamente ? Spero possa chiarirmi le idee , grazie in anticipo !
Valentina.
mi scusi prof ma avrei voluto sapere al piu presto se posso sostenere l' esame il 18 semlicemente presentandomi in facolta lo stesso giorno o se è stato effettuato nelle ultime lezioni, a cui sono mancata, un elenco di quelli che lo sosterranno.spero in una risposta
Salve professore. Visto che ieri non abbiamo avuto tempo di approfondire meglio i punti fondamentali della cultura della simulazione, volevo chiederle se lo poteva fare attraverso il suo blog. La ringrazio.
Salve professore! Volevo sapere se poteva spiegare meglio il concetto di identità simile ad una playstation, simile ad una console.Grazie!
caro prof all'ultima lezione lei ha preso le firme per chi si dovrà presentare il 18,per chi non era presente alla lezione non sarà possibile presentarsi in tale data?grazie
salve, scusate per il ritardo, ma volevo fare un commento a quella discussione iniziata da qualcuno e non continuata sulla visione del film, io purtroppo quel giorno non ero in facoltà, ma ho fatto il possibile per trovare quel film e vederlo, beh che dire, è uno di quei capolavori che ti lasciano tante cose da dire, tanti pensieri, tanti dubbi, tante perplessità. Beh al di là di questo una cosa mi sembrava molto interessante, e che ho cercato di capire durante tutto il corso del film, ma purtroppo non ho capito il gesto di quel significato: perchè le persone diciamo "fredde", influenzate dalla tecnologia, come ad esempio la moglie di montag o la centralinista, o persone nel treno, si toccavano, o toccavano la loro pelliccia, accarezzandola, cosa voleva dire quel gesto? cosa voleva esprimere l'autore?vabbe vi ringrazio a presto ila
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