Cosa Resta da Scoprire
Articolo pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno del 27 ottobre 2011
di Gianfranco Pecchinenda
Da quando l’uomo ha scoperto la sociologia, ovvero da quando
ha preso coscienza che la fonte di ogni cambiamento si svolge nell’ambito di un
complesso insieme chiamato società, si è sempre andati alla ricerca di una
sorta di formula in grado di poter legittimare il passaggio da una
strutturazione eteronoma dell’organizzazione umana a una autonoma.
Il dubbio di chi, come me, si occupa di scienze sociali, è
che una scoperta del genere, quale che sia il tipo di marchingegno elaborato
per portare a compimento la tanta agognata scoperta, potrebbe comportare, tra
le conseguenze inintenzionali, la fine delle possibilità di qualsivoglia tipo
di organizzazione sociale. Ogni società, infatti, esiste se e solo se i suoi
membri sono messi in grado di poter coltivare l’illusione di una qualche forma
di immortalità. C’è chi crede a un continuo e infinito ciclo di reincarnazioni,
chi crede in una vita eterna che avrebbe inizio subito dopo la fine dei tempi,
chi crede che la scienza possa curare la morte come se si trattasse di una
malattia tra le altre, causata da un sempre incombente male che bisogna dunque
combattere; c’è chi crede – in alternativa a quest’ultima posizione – che
l’invecchiamento possa essere frenato, rinviato, eliso e, con esso, anche la
morte stessa.
L’unica cosa certa, l’unico elemento in comune di tutte
queste credenze è la loro precarietà, il margine d’incertezza che si nasconde
dietro ad ogni possibile interpretazione del genere. Ed è proprio una tale
precarietà a far sì che tutti i partecipanti a tali sottomondi umani, pur di
far prevalere e di poter affermare il proprio riferimento immortale,combattano,
indaghino, facciano ricerca, provino a scoprire soluzioni. Come d’altronde fa
la scienza stessa.
Se la nascita della società moderna può essere considerata
la messa in forma politica dell’autonomia dell’organizzazione umano-sociale,
quello che manca da scoprire è la formula che possa rendere irreversibile (come
erroneamente si è creduto potesse essere già accaduto nel corso degli ultimi
due secoli) e universalmente accettato tale passaggio.
A lungo si è creduto che la secolarizzazione, ovvero la
perdita della centralità della religione in ogni ordine istituzionale, potesse
essere l’ingrediente essenziale di una tale potenziale formula. Il risultato
pratico, come tutti sappiamo, è stato spesso l’emergere e il diffondersi di una
nostalgia di assoluto che ha contribuito a forgiare ideologie ed esperienze
storiche di carattere totalitario.
La sociologia può contribuire a fornire uno strumento
d’analisi dei fenomeni sociali che si possa delineare come scevro da
condizionamenti ideologici. Ciò in modo da configurare una comprensione dei
fatti sociali e l’organizzazione delle relazioni umane tese a salvaguardare le
istanze dell’autonomia e l’attenzione alla libertà e al diritto dei singoli
individui.
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