LA RITIRATA
DELLA MORTE E I FIGLI DEL DESIDERIO. UN’INDAGINE SULLA
CONTEMPORANEITÀ
di
Gianfranco Pecchinenda
Cos’è che ha
reso così particolare e specifica la società occidentale moderna? Cos’è che le
ha conferito quel carattere di assoluta unicità tra tutte le società mai
esistite nella storia? A domande del genere, com’è noto, molti studiosi hanno
provato a fornire risposte più o meno originali, più o meno complesse. Da
quelle che si rifanno a una sorta di determinismo tecnologico, in cui vengono
chiamate in causa, quali variabili indipendenti, a seconda dell’epoca,
strumenti quali la radio, il cinema o il telefono, piuttosto che la televisione
o i nuovi media; oppure a un determinismo opposto in cui vengono ripresi motivi
causali più tradizionali come la secolarizzazione e la scomparsa di riferimenti
etici più o meno trascendenti, il crollo dei valori familiari, lo sviluppo
economico e il consumismo, il conflitto politico, generazionale e così via. Il
sociologo francese Paul Yonnet, dal canto suo, in un volume appena tradotto in
italiano dal piccolo ma sempre attento ed elegante editore campano Ipermedium libri (Paul Yonnet, La ritirata della morte, pp. 534, euro
25), presenta una tesi particolarmente innovativa ed efficace: ogni tentativo
di analisi della modernità occidentale è destinato a restare parziale – egli
sostiene – se non si comprende un presupposto divenuto assolutamente universale
e sul quale si basa tutta l’organizzazione collettiva di questo tipo di
società, a partire dalla costituzione della famiglia fino a giungere alla più
complessa delle istituzioni. Tale presupposto è da ricercarsi nel fenomeno
epocale da lui definito la ritirata della
morte.
Con questa
espressione Yonnet intende riferirsi – come sintetizza efficacemente il
curatore dell’edizione italiana, Antonio Cavicchia Scalamonti – a quella
profonda transizione demografica che ha determinato la quasi scomparsa della
mortalità infantile, cui si è affiancata la notevole diminuzione della
mortalità dovuta al parto. A partire da questo fenomeno, sostiene Yonnet, tutta
una serie di indicatori convergono e spiegano molte delle più originali e
inedite caratteristiche dell’attuale società. Si va dalle trasformazioni della
struttura e delle funzioni della famiglia, passando per le metamorfosi nella
condizione femminile e paterna, all’emergere di una nuova psicologia delle età
e dei sessi, alla trasformazione dell’adolescenza, fino allo straordinario
riadattamento statistico tra fecondità
e mortalità che sta completamento
modificando l’antropologia del nostro mondo attuale.
A proposito
di quest’ultimo tema, forse il più significativo e problematico tra quelli
analizzati in questo prezioso volume, il sociologo francese individua tre stadi
della storia della progressiva riduzione della fecondità: il primo, che egli
definisce della riduzione attraverso
il matrimonio ritardato, avrebbe
caratterizzato in particolare la Cristianità medioevale; il secondo – della
riduzione nel matrimonio, è quello che ha regolamentato la fecondità fino
all’avvento dell’ultimo periodo, quello attuale, in cui la fecondità viene
controllata grazie alle tecniche contraccettive e all’aborto, dando vita – tra
le conseguenze principali – all’emergere di una nuova tipologia di individuo,
unica e assolutamente inedita: il figlio
desiderato.
In estrema
sintesi, se la finalità dell’istituzione-famiglia era un tempo quella di
provvedere alla realizzazione di un equilibrato ricambio generazionale, oggi la
sua funzione è completamente diversa: la riproduzione cambia senso, non è più
un obbligo sociale e il figlio diventa quasi solo ed esclusivamente un “figlio
desiderato”, ovvero voluto e programmato in modo molto razionale. Su di lui si
investe, e tale investimento rappresenta un chiaro indicatore di un diverso
orientamento psicologico della famiglia. Se a questo fenomeno aggiungiamo
quelli già accennati – e che Yonnet descrive facendo riferimento a un ricco
insieme di dati, tra cui, non ultimo, l’allungamento della vita media – ecco
emergere ulteriori significative trasformazioni, come ad esempio
l’impressionante concentrazione statistica della morte nelle età avanzate e la
conseguente completa ridefinizione delle età della vita. Il culto della
gioventù – frutto maturo di questi nuovi orientamenti – si sposa con la nuova
costruzione temporale in cui il futuro fa oramai agio sul passato, l’autorità e
il prestigio degli anziani seguono la generale valorizzazione della tradizione,
e la gioventù, intesa come proiezione nel futuro e anche come periodo di
formazione e preparazione per l’esistenza, viene sostanzialmente mitizzata e
presa a modello anche dagli stessi anziani.
Una delle
conseguenze più sconcertanti dell’intero processo sembra essere in conclusione
l’emergere di nuove generazioni che si sentono sempre più legittimate a
coltivare una perenne immaturità, accompagnata da un delirante sentimento di
immortalità. “Il figlio è allevato come un immortale in un mondo di immortali”
– chiosa Yonnet – e dietro questa negazione della morte si rivelano però,
assumendo forme sempre più preoccupanti, atteggiamenti che tradiscono tutta la
loro acerbità, quali l’esaltazione per il benessere fisico e il terrore per
ogni forma di malattia, il consumo ossessivo di morte negli spettacoli
televisivi sia di fiction che di informazione, così come molti dei comportamenti
al limite della patologia legati ai videogiochi e al gioco d’azzardo, al
consumo di alcol e di droghe, alla paura talvolta anche maniacale di essere
lasciati soli o di non essere sufficientemente, appunto, desiderati.
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