In queste due lezioni è stato innanzitutto completato il discorso relativo alle tesi di Breton, con particolare riferimento al suo concetto di Homo Communicans.
Come già accennato, per Breton, le caratteristiche principali dell'uomo comunicante sono iscritte nel modello disciplinare della Cibernetica.
Attraverso tale idea ritroviamo innanzitutto una poderosa critica nei confronti di tutte quelle concezioni teoriche che postulano una qualunque interiorità dei fenomeni, in quanto si afferma che "tutto può essere spiegato in termini di relazioni", implicando quindi che tutto è posto all’esterno.
Ogni fenomeno, e ogni essere, può essere paragonato metaforicamente ad una cipolla, ovvero ad un insieme di esteriorità sovrapposte senza nucleo interiore, in quanto tutto ciò che è interno viene posto all’esterno; da ciò scaturisce anche la nuova concezione dell’Homo Communicans, un uomo ormai spogliato della sua interiorità, immerso nelle relazioni e negli scambi d’informazione con i suoi simili e con la struttura sociale.
Questa potrebbe essere anche una spiegazione del successo dei media, l’attaccamento dell’uomo alla Tv, o al computer: una nuova visione della realtà, anticipata dalla Cibernetica, ma di cui solo attualmente si sta prendendo coscienza; una ridefinizione dell’uomo e dei suoi rapporti con la realtà.
Inoltre Breton spiega le ragioni per le quali la comunicazione deve diventare un valore centrale, in particolare per il timore dell’anomia. Questo paradigma si sviluppa intorno ad un’asse che contrappone l’informazione all’entropia, partendo dalla constatazione che tutti i sistemi chiusi sono minacciati dall’entropia. Ora, l’esatto contrario dell’entropia è rappresentato dall’informazione vivente che circola e che rende “aperti” i sistemi. Se i canali informativi vengono mantenuti ampiamente aperti e comunicanti, se può essere effettuato il trasferimento delle decisioni politiche - come sosteneva Wiener - a vantaggio di macchine capaci di apprendere, allora ci saranno le condizioni per l’istituzione di una società migliore. Tuttavia, dietro questo paradigma che sembra ragionare per dicotomie, (informazione/comunicazione ed entropia), si presentano molte contraddizioni.
Uno dei primi effetti della trasposizione utopica delle nuove tecniche di comunicazione e dei media è un radicale spostamento del ruolo e della funzione dello strumento rispetto alla sua finalità: lo strumento non è più un mezzo ma diventa il fine. Si potrebbe, quindi, parlare di una sorta d’idolatria dello strumento: una versione contemporanea dell’adagio classico, la comunicazione non è più fatta per l’uomo, ma l’uomo è fatto per la comunicazione.
L’effetto perverso di una simile inversione, in cui il mezzo si trasforma in fine, risiede nel fatto che lo strumento non serve più a realizzare ciò per cui era stato ideato, ma finisce per funzionare solo per se stesso. È proprio quello che sta accadendo con l’universo dei media e il traffico delle comunicazioni: si pensa che i nuovi strumenti svolgano una funzione di mediazione; che siano concepiti per aiutare gli uomini a comunicare meglio, finendo per diventare la presunta risposta alla consapevolezza della separazione sociale, dell’allontanamento gli uni dagli altri, congiunta al desiderio di avvicinamento.
Breton, inoltre, sembra caratterizzare i complicati dispositivi mediatici con dei luoghi comuni sui media, in particolare sulla Tv.: pornografia del voler vedere tutto; distruzione della verità in sostituzione alle costruzioni dei possibili punti di vista; diffusione dell’ignoranza sotto forma di illusione del sapere massificato di luoghi comuni.
Diversi sono gli esempi attuali che ci mostrano con efficacia le conseguenze dell’estensione dell’impero dei media e di una concezione utopica del ruolo degli strumenti di mediazione. Il primo riguarda la confusione, ormai consolidata, tra informazione (nel senso di informazione sugli eventi) e conoscenza. Confusione che porta a rivendicare tutto in termini di informazione, svuotando la conoscenza della sua sostanza. Il secondo esempio, che ha conseguenze più ampie, è la crescente diffusione dell’idea secondo la quale i media istituzionalizzati e professionali sono una presenza assolutamente necessaria, e sono i soli e gli unici a detenere il monopolio della circolazione dei messaggi: divenuti il centro, mentre erano solo uno strumento.
Queste nuove forme, che per ora sono ad uno stato nascente, sono tanto più difficili da individuare in quanto si associano a una imponente dinamica collettiva. Altri effetti apparentemente contraddittori sono l’omogeneizzazione planetaria dei gusti, delle norme e dei comportamenti, la costruzione di uno spazio pubblico universale, e al tempo stesso, un ripiegamento dell’individuo su se stesso.
Secondo Breton attualmente l’utopia della comunicazione sembra imporsi come l’unico valore, l’unica utopia funzionante in grado di risolvere ogni problema, in quanto portatrice di trasparenza, consenso, ed equilibrio sociale. Essa sarebbe oggi il solo valore sul mercato delle idee che abbia un fondamento e una connotazione dominante e capace di ottenere una forte adesione. Questa trasformazione del tema della comunicazione in utopia mostra sino a che punto ci troviamo in un’era del “disincanto”, come molti pensano.
Le derive di questa utopia della comunicazione rinviano, come riflesso, ad uno dei temi essenziali del nostro tempo, l’esigenza di ricostruire la rappresentazione dell’uomo e della società; per mettere in moto questo processo non si potrà, secondo Breton, fare a meno di un granello di utopia, ma neppure, anzi tanto meno, di un forte senso critico.
Al di là dei riferimenti alle teorie di Breton, è stato notato come l'homo communicans presenti delle caratteristiche che per molti versi si distaccano notevolmente da quelle del cosiddetto homo legens già precedentemente incontrato. In particolare, le differenze principali riguardano il diverso livello di individualizzazione.
A questo punto si è reso dunque necessario tornare su tale concetto, riprendendo e approfondendo i temi presenti nel capitolo 3 del libro "Il foglio e lo schermo", pp. 31-44.
In particolare sono stati analizzati:
- la nascita del concetto di individuo nella cultura greca;
- il rapporto causale tra scrittura e individualizzazione (e le sue principali caratteristiche);
- alcuni esempi di culture orali scarsamente individualizzate (i Canachi studiati da Maurice Leenhardt);
- l'individualizzazione in chiave evolutiva.
6 commenti:
Scusatemi ma i riferimenti che il professore fa su alcune lezioni, non corrispondono con nessun lbro!! Come è possibile ?? Poi ci sono riferimenti a sociologia della comunicazione, che non si dovrebbe portare ??? Che significa ??? Molte delle pagine degli approfondimenti non corrispondono con nessuno dei libri !!!! Come bisogna fare ??? Non voglio sembrare sgarbato intendiamoci, ma sto impazzendo con tutti questi libri:)
Un'ultima domanda : allo scritto si porta il foglio e lo schermo e i4/5 autori di sociologi della comunicazione ???
Grazie mille anticipatamente!!!
All'esame saranno consultabili solo i libri originali ???
Quindi si portano i libri "il foglio e lo schermo e socioloGI della comunicazione" ???
Attendo notizie
Grazie
Professore mi scusi se la inoppurtiamo cn le stesse domande ma su certe nn ha dato ancora risposta,per molti di noi che passeranno il secondo anno solo a febbraio(dando un esame del 1anno)possiamo comunque fare la sua prova intercorso??
al massimo volevi dire ''importuniamo''....
Professore anche io volevo sapere della questione dei crediti perche' come molti passero' al 2 anno a febbraio,posso fare la sua prova intercorso e poi dopo aver recuperato i crediti che mi mancano dare poi il suo esame???ci faccia sapere...grazie mille
purtroppo non posso frequentare il corso e quindi non sono molto informato. Qualcuno potrebbe dirmi gentilmente quali sono i testi d'esame e i programmi sia della prova scritta che di quella orale? i libri si devono portare per intero o ci sono alcuni capitoli che non si devono studiare? spero di ricevere una risposta quanto prima intanto vi ringrazio e faccio a tutti tanti auguri
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