Il fatto è il seguente: nei giorni scorsi, tra uno scambio
di auguri e una chiacchierata con gli amici, alcuni mi hanno fatto notare che
un tale Gianfranco Pecchinenda, con
tanto di fotografia, si era recentemente registrato su Facebook, chiedendo l’amicizia e
postando scritti, video e immagini riguardanti il sottoscritto (cioè colui che
in questo momento sta scrivendo). Quasi tutti gli amici di cui sopra, avevano
reagito con un “finalmente” anche tu ti sei deciso ad entrare nella comunità;
“finalmente” potremo scambiarci notizie, opinioni, commenti e così via.
A questi avevo risposto – e ne approfitto per ribadirlo qui
– che non essendo affatto un apocalittico, potevo vantarmi di essere stato tra
i primi ad aderire alla nascente comunità, dalla quale mi ero poi cancellato
per motivi che non sto qui a descrivere; diciamo –
per sintetizzare – perché era diventata per me una “ladra di tempo”. E il
tempo, con l’età, diventa un bene troppo prezioso! Ciononostante, per circa un
paio d’anni mi ero comunque fatto risucchiare nei meccanismi della comunità
attraverso la creazione di un doppio – Ricardo
Montero – il quale mi era servito per una serie di mie sperimentazioni di
carattere sociologico-letterario. Proprio un paio di mesi fa, quando oramai praticamente tutti coloro che mi
conoscono sapevano benissimo che Ricardo Montero ero io, avevo deciso di
cancellarne definitivamente il profilo e riprendermi anche quel tempo (sempre crescente) che
questo invadente personaggio aveva finito per sottrarmi.
Ed è proprio in questa fase, proprio cioè quando mi stavo definitivamente
allontanando dai pervasivi meccanismi di questa peraltro simpatica comunità,
che sopravveniva l’evento di cui sopra. Divertito, più che preoccupato, ho
allora recuperato i codici d’ingresso del mio vecchio Montero e mi sono messo a
curiosare tra le pagine di questo mio nuovo doppio.
In pochi giorni ho potuto verificare la presenza di quasi
mille contatti, il nascere di una pagina http://www.facebook.com/pages/Gianfranco-Pecchinenda/187764664697396?ref=hl dedicata (cosa che peraltro mi onora e per la quale ringrazio molto gli amministratori!) e una serie di
commenti, saluti, richieste di vario genere. Una mia cara amica mi ha
consigliato di denunciare immediatamente l’accaduto sul sito dedicato di
Facebook; altri si sono offerti di provare ad inserirsi tra gli
amministratori della pagina, se non altro per controllare che non si
verificassero abusi particolarmente gravi a mio nome. In tutto questo ho anche
provato a immaginare chi potesse esserci dietro; chi potesse essere
l’homunculus che animava e dava vita al tutto. Credo di averne qualche idea, ma
la cosa, sinceramente, non mi appassiona più di tanto. Mi interessa molto di
più provare a capire come potrei convincere i miei gentili interlocutori
virtuali che “quello non sono io” e che “questo, invece, sono io”.
Credo che molto presto mi toccherà rimettermi a studiare i
problemi connessi alla costruzione sociale dell’identità. Oppure, meglio,
aprire e gestire personalmente un mio profilo su Facebook. Finalmente!